L’origine di Cales risalente a 5000 anni fa

L’origine di Cales risalente a 5000 anni fa

L’origine della città di Cales è avvolta nel mistero e non esistono fonti certe che ne attestino con precisione la nascita.

Secondo alcune ipotesi, la sua fondazione risalirebbe a un’antica popolazione che si sarebbe insediata nel pianoro tufaceo per via della posizione strategica.

Altri studiosi, compreso il sottoscritto. fanno riferimento a leggende che mescolano elementi storici e mitologici.

Nel corso del tempo, scavi archeologici e reperti rinvenuti hanno contribuito a delineare un quadro più chiaro, ma ancora frammentario.

L’archeologo Werner Johannowsky, nella “Relazione preliminare agli scavi di Cales” pubblicata nel 1961, asserì:

Il materiale più antico rinvenuto finora nell’area della città, fatta eccezione per alcuni frammenti di ceramica d’impasto e di un raschiatoio di selce trovati sull’arce, è del VII secolo a.C., e proviene dai luoghi più diversi.”

Tuttavia, alla luce di approfonditi studi e ricerche più recenti, si ritiene che Cales abbia avuto origine circa cinquemila anni or sono durante l’era Eneolitica.

Il termine Eneolitico (da aeneus = di bronzo + lithos = pietra) è stato utilizzato per indicare il periodo nel quale compaiono accanto agli utensili e alle armi realizzati in selce e altre pietre dure, che rimangono preponderanti, i primi oggetti costruiti in metallo.

Lo sviluppo di un artigianato specializzato nella produzione metallurgica fu però un processo articolato e di lunga durata.

In Italia l’Eneolitico é datato tra il 3500 e il 2200 a.C.

L’antico periodo si manifestò in modo differente nel tempo e nello spazio.

I quattro principali ambiti culturali di riferimento coprono aree geografiche molto ampie:

  • Gaudo in area meridionale-tirrenica
  • Rinaldone in quella centrale-tirrenica
  • Remedello nella Pianura Padana
  • Laterza in area meridionale-orientale per poi diffondersi anche nell’area tirrenica, dove sostituii la cultura del Gaudo

I ritrovamenti in località “La Costa” a Petrulo

Ben oltre la sua remota origine, risalente a 5000 anni or sono, Cales fu fondata alle falde dei monti Trebulani.

Nel 1983, un proprietario terriero effettuò uno sbancamento per rendere coltivabile le pendici del monte La Costa a Petrulo.

I lavori misero in luce:

  • una grande quantità di materiali d’impasto
  • qualche oggetto litico
  • numerose fusaiole discoidali e biconiche
  • pesi da telaio

I consistenti ritrovamenti sono riconducili senza ombra di dubbio ad un insediamento dell’Eneolitico maturo.

Estremamente significativi risultano i grossi frammenti di recipienti in ceramica d’uso domestico rinvenuti.

A dominare nettamente è la ceramica a impasto grossolano, le cui superfici appaiono volutamente irruvidite mediante la sovrapposizione, secondo un andamento orizzontale a embrice, di scaglie simili a nastri schiacciati da larghe ditate nell’argilla ancora cruda.

Si riscontra, inoltre, la presenza della tipica decorazione a unghiate, tratto distintivo della medesima facies culturale.

Ampia è anche la diffusione della decorazione a cordoni plastici, spesso arricchiti da impressioni digitali; numerosi orli sono segnati da tacche oblique ottenute mediante l’uso di stecche o polpastrello.

Le anse si articolano in diverse tipologie:

  • a nastro verticale, talora sormontate
  • a rocchetto in posizione orizzontale
  • tubolari a inserzione sottocutanea

Benché quantitativamente meno rappresentata, la ceramica fine si rivela altrettanto rilevante sotto il profilo archeologico e stilistico.

A questa classe appartengono:

  • delle piccole tazze carenate
  • una pisside a collo distinto, ornata presso la congiunzione con la spalla da una fila orizzontale di punti
  • una ciotola ornata da due bande orizzontali, ciascuna composta da triplici file di punti, delimitate da una linea incisa e affiancate da file parallele di punti di maggiore dimensione
  • un’altra ciotola aventi cinque file orizzontali parallele di punti regolari vicino all’orlo

L’area di caccia a Zuni

E’ di notevole interesse la presenza di due frammenti d’impasto fine con scanalature sottili orizzontali.

Gli oggetti, realizzati mediante incisione con stecca su argilla cruda, sono probabilmente appartenenti ai colli di pissidi o brocchette tipiche della cultura del Gaudo,

La frequentazione dell’area durante l’Appenninico maturo è indicata anche dalla presenza di due frammenti appartenenti a tazze carenate:

  • la prima era decorata con fasce punteggiate marginate, che formavano un motivo forse ad onda
  • la seconda con un motivo a triangoli excisi tra fasce curvilinee

Sempre nel 1983, furono effettuate più ricognizioni nella zona quasi pianeggiante alle falde del Monte Coricuzzo a Zuni.

Gli esperti raccolsero numerose frecce in selce grigia, beige e camoscio di forma triangolare e triangolare allungata a sezione biconvessa.

La zona in questione è poco distante dall’insediamento in località La Costa, nel cui territorio di caccia sicuramente rientrava.

Nella medesima area si rinvenne un frammento isolato di tazza carenata appenninica.

Il coccio si presenta decorato con due file di triangoli excisi alternati e contrapposti.

Questi cospicui ritrovamenti, avvenuti nel 1983, vanno messi in relazione con i materiali coevi rinvenuti in località Iastavella a Torricelle.

Tutto ciò arricchisce significativamente l’ancora abbozzato quadro dei ritrovamenti dell’età dei metalli nell’agro ausone.

Tuttavia, resta sconosciuto il luogo in cui tali preziosi reperti siano stati trasferiti e conservati.

Le ricerche degli appassionati caleni

Un gruppo di appassionati caleni perlustrò meticolosamente le pendici dei monti che si estendevano da Giano Vetusto fino a Visciano.

L’assiduo impegno, testimoniato da frequenti sortite, fu premiato da risultati significativi.

Raccolsero diversi reperti archeologici di indubbio valore, risalenti all’Eneolitico.

L’intera raccolta è attualmente custodita con cura da uno studioso locale.

Il caleno in questione, con grande disponibilità, mi ha permesso di fotografare il tutto.

Punte di frecce in ossidiana

Le punte di frecce ritrovate sono di piccole dimensioni in ossidiana nera,

La materia prima utilizzata è un vetro vulcanico di colore scuro e dall’aspetto lucente.

Il materiale consentiva la realizzazione di utensili d’uso quotidiano dalle forme e funzioni disparate.

Più raramente, l’ossidiana era anche levigata per ottenere monili e oggetti di ornamento.

Eneolitica

Punte di frecce in selce

Altri strumenti litici sono costituiti da punte di frecce correlati all’attività di caccia.

Il più antico metodo di lavorazione della selce è quello della “scheggiatura“.

Per realizzare punte di freccia, lame, e coltelli si partiva da un nucleo di materiale grezzo e di forma indefinita.

Poi lo si lavorava con strumenti in pietra, legno ed osso, a suon di forti percussioni o pressioni.

I caleni hanno raccolto numerose frecce in selce grigia, beige e camoscio di piccole dimensioni (lunghezza da 1,9 a circa 2,7 cm.) di forma triangolare e triangolare allungata a sezione biconvessa.

02 Punte_Selce

03 Altre_Punte_Selce

Raschiatoio

Il raschiatoio è uno strumento utilizzato per raschiare e levigare la superfice di un corpo.

L’attrezzo litico si ricavava da una largo frammento di selce o di quarzite, o simili.

La pietra si lavorava con il metodo della scheggiatura, fino a consentirne la presa con tre dita.

04 Raschiatoio

La terracotta

L’argilla, abbondantemente presente in natura nelle immediate vicinanze dell’insediamento. era ricca di silice e ossidi di ferro.

Ciò conferiva alla terracotta un colore rosso-bruno.

Una volta raccolta, la materia prima si impastava con mani o piedi.

Poi, per renderla più lavorabile, si aggiungeva cenere, sabbia, paglia, sterco o acqua.

L’impasto era lavorato secondo diversi procedimenti.

Gli oggetti erano levigati, eventualmente decorati, e poi lasciati ad asciugare, per essere infine cotti in fornaci.

05 Terracotta

06 Altre_Terrecotte

I telai per gli indumenti

La tecnica di realizzazione degli indumenti è rimasta pressoché immutata nel tempo.

Essa prevede un insieme di fili disposti in verticale, denominati “ordito“, e uno perpendicolare trasversale agli orditi, la “trama“.

L’incrocio dei fili di ordito e trama, alternati, costituisce l’intreccio.

Gli orditi sono tesi tra due rulli paralleli, fissati a terra nel caso del telaio orizzontale o ancorati alla parete in quello verticale.

I pesi cilindrici in pietra rinvenuti a Petrulo erano utilizzati per mantenere in tensione i fili dell’ordito in telai verticali.

07 Pesi_Telai

Resti ossei

Infine, Sono stati rinvenuti numerosi resti ossei, tra cui si annoverano denti di bovini e suini.

Lo studio dei denti degli animali potrebbe fornire informazioni cruciali sull’allevamento e l’alimentazione della popolazione indigena.

Inoltre, lo stato di usura dei denti può suggerire il tipo di dieta seguita.

08 Resti Ossei

Il ritorno dei caleni ai luoghi di origine

In base alle risultanze archeologiche, la civiltà calena nacque sicuramente alle pendici dei monti Trebulani.

L’insediamento si trovava in località La Costa a Petrulo.

Il sito prescelto dal popolo eneolitico offriva condizioni ottimali per:

  • il riparo naturale garantito dai rilievi montuosi contro gli eventi atmosferici estremi
  • la presenza dei boschi per la caccia
  • l’abbondanza d’acqua
  • la presenza di materie prime come l’argilla

Nel corso dei secoli, poi, una parte della popolazione indigena si trasferì sull’arce calena.

L’archeologo Werner Johannowsky rinvene nell’area “alcuni frammenti di ceramica d’impasto e un raschiatoio di selce“.

Solo successivamente i caleni si trasferirono sul banco tufaceo di 64 ettari.

Dunque, Cales nacque senza ombra di dubbio dopo un lungo processo di aggregazione dei villaggi (sinecismo) presenti alle falde dei monti Trebulani.

Tuttavia, in seguito alle invasioni barbariche, la popolazione fu costretta a un’inversione di rotta, trovando rifugio ai piedi dei rilievi montuosi.

Ritornando al sito del monte La Costa, esso si è rilevato un abitato protostorico caratterizzato da una lunga frequentazione.

Sarebbe quindi auspicabile effettuare uno scavo dell’area non toccata dallo sbancamento.

Ciò potrebbe forse chiarire anche la frequentazione del luogo in età romana.

Ma anche al fine di individuare, qualora presenti, le strutture preistoriche del villaggio e dell’area cimiteriale.

Infatti, bisogna comprendere l’eventuale relazione con alcune piccole grotte scavate nel tufo che si trovano immediatamente a monte dell’insediamento.

© Riproduzione riservata