Gli oleodotti americani

Gli oleodotti americani

Nel secondo conflitto mondiale, le truppe di sua maestà britannica liberarono Calvi Risorta dall’occupazione nazista il 23 ottobre 1943.

Da quel giorno e fino al 30 aprile 1944, gli inglesi prima e gli americani poi si acquartierarono sul suolo caleno.

La città di Calvi Risorta, considerata “frontiera di guerra“, divenne il centro nevralgico delle retrovie alleate per le operazioni sulla celebre linea Gustav, formidabile schieramento difensivo approntato pochi chilometri più a nord dall’esercito tedesco.

Le truppe di stanza nella cittadina calena si alternavano all’incirca ogni 15 giorni con i combattenti al fronte e fornivano supporto logistico ai soldati in prima linea.

Durante la seconda guerra mondiale, l’imponente schieramento di uomini e mezzi tra i contendenti richiese enormi quantità di petrolio al fine di “movimentare” le truppe, l’artiglieria, i mezzi corazzati, gli aerei e le navi, e di “alimentare” determinati armamenti quali i lanciafiamme o i bruciatori di miscugli di idrocarburi destinati a creare una nebbia artificiale o a eliminare la foschia dagli aeroporti.

Lo sforzo umano, ma anche tecnico e logistico, fu imponente.

Nei porti italiani lungo la costa, gli ingegneri del PBS (Petroleum Bulk Storage) dedicarono particolare attenzione allo scarico e alla distribuzione dei prodotti petroliferi, che rappresentavano quasi la metà del tonnellaggio spedito dagli alleati nel teatro di guerra del Mediterraneo.

I tecnici erano responsabili della costruzione, e nella maggior parte dei casi, non solo degli impianti di scarico delle navi cisterna e di stoccaggio nei terminal portuali, ma anche delle condutture che trasportavano il carburante e delle stazioni di rifornimento nella zona della Quinta Armata.

Le pianificazioni degli ingegneri americani

Nelle pianificazioni afferenti allo scarico del greggio dalle petroliere, gli ingegneri del PBS avevano ipotizzato di utilizzare il porto di Civitavecchia, il primo a nord di Napoli in grado di ricevere navi cisterna.

Questi piani furono rivisti dopo la liberazione di Porto Santo Stefano, quaranta miglia a nord della località laziale, dove, su una lingua di terra collegata alla terraferma da una strada rialzata, si trovavano grandi impianti di stoccaggio sotterraneo e un’area destinata all’ancoraggio delle navi cisterna.

Livorno, Napoli e Porto Santo Stefano divennero terminal strategici per le forniture petrolifere.

Dei sei oleodotti costruiti in Italia, due traevano origine da Santo Stefano, tre da Napoli e uno da Livorno.

Dal 18 novembre 1943, gli ingegneri statunitensi della 696° Engineer Petroleum Distribution Company disponevano di 574.000 barili di benzina e quasi 55.000 barili di gasolio stoccati a Napoli.

Un’altra area di immagazzinamento sotterranea, trovata ancora relativamente integra a Pozzuoli e con una capacità complessiva di 250.000 barili, fu pulita e utilizzata per stipare l’olio combustibile delle navi.

Mentre una parte della 696° compagnia, coadiuvati da ben 550 lavoratori civili, riparava il terminal di Napoli, il resto dell’unità iniziò la costruzione di un oleodotto di quattro pollici nell’area della Quinta Armata.

La pipeline aveva origine da una brulla raffineria della Socony (Standard Oil Company of New York) alla periferia di Napoli e proseguiva lungo la strada statale 6 Casilina in direzione nord.

Sin dall’inizio, risultò evidente che il tubo da quattro pollici sarebbe stata insufficiente per le esigenze della Quinta Armata.

La posa di chilometri di tubi

I tecnici petroliferi si prepararono a costruire una seconda condotta mettendo doppi attraversamenti sotto le strade e sopra i torrenti e i canali.

Il tratto più difficile fu il superamento del Volturno perché le sponde del fiume erano distanti 400 piedi (all’incirca 122 metri).

Gli ingegneri petroliferi prepararono un passaggio sospeso sopra il Volturno utilizzando due tralicci già esistenti di un elettrodotto ad alta tensione.

Tuttavia, lo straripamento del corso d’acqua rese inservibile le tubature immediatamente dopo che erano state posizionate.

I tecnici ripararono il guasto e approntarono un’altra linea di emergenza a monte su un vecchio ponte della ferrovia distante 2 miglia e mezzo dal fiume.

All’inizio di dicembre 1943, la 705° Engineer Petroleum Distribution Company, unitamente alla 696°, prese in consegna il funzionamento del terminal portuale e le condutture fino al Volturno.

Intanto, nell’agro caleno, i tecnici di quest’ultima società si prepararono a stendere chilometri di tubi attraverso i campi.

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Il militare col grado di Technician Fifth Grade (T/5) Lenhard J. Heggestad di Starbuck, Minnesota, il soldato Leonard C. Van Bemert di Braintree, Massachusetts, il soldato Herbert C. Soenksen di De Witt, Iowa, e il soldato Stanley Kowaski di New Britian, Connecticut, lavorarono alacremente alla posa e all’innesto con chiusura bullonata dei tubi riuscendo, in condizioni normali, a coprire un’area di 8 miglia al giorno.

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Gli oleodotti di Calvi Risorta

Dal 22 dicembre 1943, due condotte da quattro pollici, con una portata giornaliera di 260.000 galloni (approssimativamente di 1 milione di litri), erano in funzione a Calvi Risorta, ventotto miglia a nord di Napoli.

By 22 December two four-inch pipelines with a daily capacity of 260,000 gallons were in operation to Calvi Risorta, twentyeight miles north of Naples.” (1)

Le due condutture alimentavano le cisterne di stoccaggio della capacità di 420.000 galloni (un milione e seicentomila litri di carburante) situate nella cava “Fabressa” lungo la strada Provinciale 28 per Sparanise.

I grandi serbatoi, protetti a nord dal crinale della montagna, furono coperti e camuffati dalla Compagnia “B” del 601° Engineer Camouflage Battalion con teli mimetici di colore verde allo scopo di renderli invisibili agli aerei nemici.

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Nella zona denominata “Ripa“, vicino alla corsia sud dell’Autostrada A1 dove vi sono ancora diverse casematte dismesse della ditta pirotecnica Andrea Monfreda & figli, stazionava una compagnia italiana di pompieri che svolgeva le funzioni relative ai servizi antincendi.

Diversi, tra gli anziani locali, ricordano ancora la presenza tra i vigili del fuoco di operatori con una marcata inflessione dialettale sarda.

Più avanti verso Sparanise, gli americani impiantarono una grande officina specializzata nella manutenzione e riparazione degli automezzi in un terreno di Via Madonna delle Grazie dove in precedenza le truppe inglesi avevano collocato una postazione di artiglieria.

Nella stessa zona, in località “Monticello“, gli addetti alla logistica riempivano le numerosissime taniche da 5 galloni (circa 19 litri) all’interno di un fondo confinante con la strada principale e le caricavano sui camion.

La stazione di rifornimento

Calvi Risorta, dunque, divenne per diverso tempo la “stazione di rifornimento” più avanzata delle truppe anglo-americane operanti sulla linea Gustav con un incessante andirivieni di autocisterne e autocarri carichi di taniche di benzina.

Gli alleati, in questo modo, evitavano di percorrere decine di chilometri per approvvigionarsi di carburante.

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Non mancarono continue rotture delle tubature.

Il sig. Gennaro Pagliaro raccontava spesso che dalla collinetta di cava “Fabressa” scendeva un fiume di idrocarburi e si riversava nei campi sottostanti.

Se le fuoriuscite di benzina fossero avvenute oggi, parleremmo sicuramente di disastro ambientale.

Nel gennaio del 1944, i tecnici estesero le due condotte fino a San Vittore, dove attivarono un punto di erogazione del carburante a solo 2 miglia e mezzo dalla fortificata Cassino.

Un terzo oleodotto da quattro pollici portato fino a Calvi Risorta, fu deviato poi verso est (in realtà ad ovest) lungo la strada statale 7 Appia per oltre dodici miglia.

A third four-inch pipeline followed as far as Calvi Risorta, then turned east along Highway 7 for over twelve miles.” (1)

Il 27 marzo 1944, con il supporto di una unità POL (Petroleum Oil Lubrificant) francese, la 696° aprì un terminal di approvvigionamento su questa linea a Sessa Aurunca.

Lo spostamento verso nord delle pipeline

Prima dell’offensiva alleata di primavera avvenuta alla fine di maggio 1944, gli ingegneri petroliferi assemblarono più di cento miglia di un tubo da sei pollici (che avrebbe fornito più benzina di due condutture da quattro pollici) con punti di rifornimento sulla Casilina ed Appia, in modo da essere utilizzati tra Calvi Risorta e Roma.

Before the spring offensive began in late May 1944, petroleum engineers assembled more than one hundred miles of six-inch pipe (which could deliver as much gasoline as two four – inch pipelines) at forward points on Highways 6 and 7, to be used between Calvi Risorta and Rome.” (1)

Una terza società di distribuzione del petrolio, la 785°, giunse in Italia dagli Stati Uniti nel mese di aprile e lavorò su una pipeline di quattro pollici lungo la SS. Appia, mentre la 696° posava una linea di sei pollici ai margini della SS. Casilina.

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Alla fine della seconda guerra mondiale, gli oleodotti americani, simboli del conflitto, furono dismessi.

Nella cava “Fabressa“, il consorzio idrico sistemò agli inizi degli anni ’60 un serbatoio d’acqua, una sorta di incoraggiamento ai popoli di bere dall’unica “fonte della vita”.

Bibliografia:
1) UNITED STATES ARMY IN WORLD WAR II, The Technical Services, THE CORPS OF ENGINEERS: THE WAR AGAINST GERMANY, di Alfred M. Beck, Abe Bortz, Charles W. Lynch, Lida Mayo e Ralph F., Weld Center of Military History, United States Army, WASHINGTON, D.C., 1988

https://www.youtube.com/watch?v=jG9YU9MolwM

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