Il pegno di Calvi e Rocchetta nel 1417

Il pegno di Calvi e Rocchetta nel 1417

Giovanna II d’Angiò-Durazzo, detta anche Giovannella, fu regina di Napoli dal 1414 fino alla sua morte avvenuta nel 1435.

Figlia di Carlo III d’Angiò-Durazzo e di Margherita di Durazzo, apparteneva al ramo durazzesco della dinastia angioina.

La regina svolse il suo ruolo in un’epoca di grandi turbolenze politiche e crisi dinastiche.

Salì al trono in un contesto difficile, dopo la morte del fratello Ladislao.

Da subito dovette affrontare:

  • le ambizioni dei nobili locali
  • l’instabilità interna
  • le minacce esterne, in particolare l’influenza dell’antipapa Giovanni XXIII e dei re aragonesi

Giovanna, spesso circondata da sospetti e scandali, fu una sovrana “intrigante”, capace di manovrare tra fazioni rivali e corti straniere.

Nella vita privata fu affiancata da uomini potenti e talvolta tragicamente caduti in disgrazia.

La sua corte fu teatro di congiure, alleanze e tradimenti.

Ciò alimentò un lungo conflitto dinastico che proseguì dopo la sua scomparsa.

Essendo ella priva di eredi legittimi, alla sua morte si estinse la casata degli Angiò-Durazzo.

E con essa definitivamente la dinastia degli Angioini.

Iniziò così il dominio aragonese a Napoli.

Dunque, Giovanna II fu una delle figure femminili più enigmatiche del tardo medioevo.

In un mondo dominato da uomini, spesso la solitaria regina è descritta in modo negativo dalle cronache.

Ma oggi è oggetto di revisionismo storico, frutto dell’abilità politica e del ruolo di mediatrice tra potenze europee.

L’invio di un esercito in difesa di Roma

Nel 1414, alla morte del fratello Ladislao, la regina Giovanna divenne la signora della Città di Calvi e di Rocchetta.

In quell’epoca, la vita fu segnata da continue tensioni politiche, espansioni militari e lotte dinastiche.

Nel 1417, Andrea Fortebraccio, alias Braccio di Montone, proclamatosi defensor urbis, s’impadronì di Roma.

Il governatore delle terre della chiesa, il cardinale di Sant’Eustachio Jacopo Isolani, chiese aiuto alla regina.

Intanto, Giovanna II controllava solamente i porti di Ostia e Civitavecchia, alcuni castelli della campagna romana e Castel Sant’Angelo.

Così una volta presentate le proposte al regio consiglio, l’organismo deliberò di radunare un esercito da inviare in difesa di Roma.

Il comando fu affidato a Muzio Attendolo Sforza.

Le truppe napoletane, unite alle milizie degli Orsini, si accamparono di fronte alla città eterna.

La sovrana, spinta dalla necessità di reperire il denaro occorrente, optò per una misura estrema e significativa:

la vendita di diversi feudi e castella del demanio regio direttamente amministrati dalla corona.

Tale gesto non fu soltanto una mossa economica, ma anche un atto politico rilevante, che modificava gli equilibri territoriali.

Tra le cessioni effettuate, spiccava quella della città di Agnone, situata nell’allora Abruzzo Citeriore (oggi in Molise), a Carlo Caracciolo, detto anche Carafa, esponente di una potente famiglia nobiliare del Mezzogiorno.

L’accordo prevedeva il pagamento della somma di settemila ducati, cifra considerevole per l’epoca.

Carlo Caracciolo, tuttavia, riuscì a versare solo la metà della somma pattuita.

Tale circostanza comportò l’impossibilità di entrare in possesso effettivo della terra di Agnone.

I territori di Calvi e Rocchetta

In sostituzione di quanto promesso, la corona concesse in pegno due centri di Terra di Lavoro:

la città di Calvi e Rocchetta.

Infatti, nella Historia genealogica della famiglia Carafa si legge testualmente:

Carlo nell’anno 1415 succede a suo padre nella piazza del Consiglio, oltre dello Stato, come Fuorli, Pietrabbondante, Sicinoro, …

Alli quali feudi egli aggiunse la Città d’Anglone in Abbruzzo Citra, che comprò nell’anno 1417 dalla Reina Giovanna per ducati sette mila, de’ quali pagò ducati trè mila, e cinquecento, in potere di detta Reina.

Ma perché gli fu impedito il possesso, hebbe per il prezzo pagato, in pegno, la Città di Calvi, e la Rocchetta, in Terra di Lavoro.” (1)

Successivamente, fu ordinato che la città di Calvi fosse consegnata con le armi e le vettovaglie.

Ciò significava trasferire il controllo su un luogo fortificato in piena efficienza militare e logistica, pronto per essere difeso o usato in operazioni belliche.

Anzi nel mese di Maggio dell’istesso anno, ottenne ordine, che se li fosse consegnata la Terra di Calvi con l’armi, e Vettovaglia.” (1)

Pertanto, i territori di Calvi e Rocchetta esercitarono la funzione di garanzia temporanea per l’investimento effettuato dal Caracciolo.

Infine, l’episodio mostrò anche come le relazioni tra corona e aristocrazia fossero regolate da un complesso equilibrio di potere.

Bibliografia:
1) Historia genealogica della famiglia Carafa, opera di don Biagio Aldimari, Napoli 1691

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