Il progressivo abbandono di Calvi da parte dei borbonici

Il progressivo abbandono di Calvi da parte dei borbonici

Nell’ultima decade di ottobre 1860, Calvi fu al centro delle scorribande dei borbonici, delle camicie rosse e delle truppe piemontesi.

Il 21 ottobre 1860, i movimenti sul campo di battaglia riguardarono anche i soldati napoletani di stanza a Calvi.

Il ministro della guerra chiese al comandante in capo delle truppe borboniche Giosuè Ritucci di:

  • attaccare e sconfiggere il nemico prima che giungesse a Teano
  • proteggere l’attraversamento del fiume Volturno a Caiazzo e Triflisco
  • inviare sul campo di battaglia la prima divisione, le truppe di Calvi e la cavalleria

La lettera, trasmessa per telegrafo, riportava testualmente:

Il movimento d’una parte del corpo di esercito verso Teano si deve regolare in modo da attaccare e battere il nemico prima che giunga nei dintorni di Teano.

Bisogna badare che il Volturno non si passi a Caiazzo o Triflisco alle spalle del corpo di esercito.

La prima divisione, le truppe di Calvi e la cavalleria dovrebbero subito muovere durante la notte.

In S. Agata è per ora anche la batteria n. 4 ai vostri ordini.

Rendete notizie esatte delle forze avverse e tenete costantemente informato questo ministero anche da Teano spedendo i dispacci in S. Agata con ordinanza a cavallo al trotto per la nuova strada abbreviata.

Gaeta 21 ottobre 1860

Firmato – Casella

Il giorno seguente, 22 ottobre, iniziò il progressivo abbandono della posizione di Calvi da parte dei borbonici.

Reduce da Caiazzo, l’alfiere Fiore dello Stato Maggiore riferì che il generale Von Mechel, non potendo attraversare Triflisco senza compromettere la sicurezza della batteria n. 15, aveva ritenuto opportuno retrocedere lungo la strada di Alife.

Le notizie sull’avanzata dei piemontesi

Il generale Ritucci inviò la brigata del colonnello De Lozza all’uscita della traversa di Pietravairano.

I reparti borbonici ebbero l’ordine di trattenervi sino al transito della brigata estera.

In aggiunta, il quattordicesimo reggimento di fanteria fu dislocato nella traversa di Rio Persico, munito di due pezzi d’artiglieria e di un plotone di cavalleria, allo scopo di sostenere le unità esploranti, cui era affidata la ricognizione della strada sino allo Spartimento, passando per Calvi.

Frattanto, il generale Ritucci cominciò a ricevere notizie più precise riguardo l’avanzata dei piemontesi.

Era ormai noto che un primo corpo d’armata, agli ordini del generale Enrico Cialdini, era giunto a Isernia.

Donde, con circa trecento cavalleggeri aveva proseguito sino a Venafro per poi far ritorno al punto di partenza.

Si sapeva inoltre che un secondo corpo, numericamente superiore al primo, lo seguiva.

Infine. un terzo, nel quale si distingueva la figura del re Vittorio Emanuele, procedeva alle sue spalle.

Appariva dunque evidente che tali forze ambivano a congiungersi con le camicie rosse di Giuseppe Garibaldi.

Il comandante in capo borbonico deliberò infine di attestarsi, come aveva già comunicato al re, tra Cascano e Sessa.

I pochi superstiti dell’infausta campagna del Macerone che riuscirono a ritirarsi in Teano furono riorganizzati e posti sotto il comando del tenente colonnello Paolo Ruggiero.

A costoro furono aggregati gli uomini dimessi dagli ospedali, incluso quello di Calvi, i quali avrebbero dovuto proseguire per Capua.

Anche i volontari provenienti da Piedimonte e Isernia furono inviati a Mola per congiungersi alla colonna guidata dal colonnello Lagrange.

Lo spostamento dei soldati borbonici verso Cascano e Sessa

Il generale Gaetano Afan de Rivera chiese licenza al Ritucci per richiamare tre compagnie stanziate a Mondragone.

L’ufficiale superiore temeva che, in caso di concentramento di truppe a Sessa, esse potessero rimanere isolate.

Il comandante Ritucci acconsentì alla richiesta e gli affidò inoltre l’incarico di vigilare su Cascano fino all’arrivo di ulteriori rinforzi.

Ordinò altresì che il tenente colonnello Delli Franci e il capitano De Torrenteros, entrambi dello Stato Maggiore, si recassero in ricognizione nei territori di Cascano, Sessa e dintorni, al fine di valutare l’idoneità dei luoghi per l’accampamento delle truppe e la disponibilità di vettovaglie.

Dispose ancora che il maggiore Sangro del genio, insieme a due ufficiali del medesimo corpo provenienti da Gaeta, esaminasse le possibilità di realizzare opere fortificatorie provvisorie atte a rafforzare la difesa naturale già favorevole di Cascano e Sessa.

Infine, disapprovò qualsiasi progetto di fortificazione al quadrivio della Catena.

Infatti, non avendo intenzione di difendere Teano, sospese il taglio degli alberi all’ingresso del paese dalla parte di Venafro.

In quel medesimo frangente, il Ministero della Guerra rinnovò al Ritucci l’ordine di attaccare il nemico.

Lo scopo era quello di non permettere al nemico di impossessarsi del ponte in muratura sul Volturno.

Il comandante Ritucci rispose che avrebbe attaccato i piemontesi, appena la brigata estera fosse arrivata a Teano.

Ma ciò si rivelò essere un’utopia allo stato puro.

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