Il trombettiere di Custer e il caleno Antonio Franco

Il trombettiere di Custer e il caleno Antonio Franco

All’inizio del novecento, le vite caotiche di un celeberrimo militare italiano naturalizzato statunitense e di un caleno emigrato temporaneamente oltreoceano si incrociarono per singolari coincidenze che qualcuno chiamerebbe “destino” o “fato”.

Ad accomunarli, un grande amore per la loro terra d’origine e per uno strumento musicale.

Giovanni Crisostimo Martino, alla luce di una nuova ricerca storica, nacque il 28 gennaio 1852 nel comune campano di Sala Consilina.

Abbandonato alla nascita dai suoi genitori nella ruota dei projetti, fu allevato dalla famiglia della balia Mariantonia Botta.

Nel maggio del 1866, giovanissimo, si arruolò come tamburino nel Corpo Volontari Italiani agli ordini di Giuseppe Garibaldi impegnato nella campagna bellica in Trentino, mentre l’anno successivo seguì nuovamente l’eroe dei due mondi combattendo a Mentana.

Nel 1873 emigrò negli Stati Uniti americanizzando il suo nome in John Martin.

Tra il 25 e il 26 giugno 1876, partecipò alla battaglia di Little Bighorn combattuta nei pressi di un torrente in un angolo del territorio orientale del Montana.

Il 7° Reggimento di Cavalleria degli Stati Uniti, guidato dal tenente colonnello George Armstrong Custer, tentò di annientare una coalizione determinata e ben armata di 4000 guerrieri indiani comprendente, tra gli altri, Sioux, Cheyenne e Arapahos.

Il risultato inaspettato scosse la nazione: Custer, il tenente William Winer Cooke, suo aiutante maggiore, e 210 soldati a cavallo furono travolti e sbaragliati in breve tempo sulle sponde del fiume Little Bighorn, mentre gli altri due battaglioni del 7° reggimento resistettero per due giorni ai pressanti assalti degli indiani su una brulla collina a tre miglia di distanza.

Un fatidico incarico di messaggero

Al termine delle ostilità, più di 268 tra militari ed esploratori (scout) persero la vita.

John Martin non era tra loro: la sua vita fu salva grazie ad un pezzo di carta, il disperato messaggio finale di Custer.

Il trombettiere di Custer

La battaglia di Little Bighorn spinse l’italo-americano sotto i riflettori delle cronache e dei media nazionali.

Prima del combattimento, John Martin era un anonimo soldato del 7° reggimento, un trombettiere della compagnia “H”.

La mattina del 25 giugno, un fatidico incarico di messaggero lo pose al centro della pagina più scritta della storia d’America, più della campagna di Gettysburg, considerata di gran lunga la più importante iniziativa nel contesto della guerra di secessione americana.

Lo scontro rimase fortemente impresso nella memoria collettiva americana, tanto da suscitare numerose polemiche.

Gli analisti approfondirono le strategie, le tattiche dei contendenti e la vita degli uomini che giocarono un ruolo fondamentale in quell’evento: George Armstrong Custer, Federico Benteen, Marcus Reno, Sitting Bull (Toro Seduto) e Crazy Horse (Cavallo Pazzo).

Poco si sa, invece, dell’ultimo messaggero, l’immigrato italiano John Martin, che svolse una parte importante nella celebre battaglia.

Dall’altro, Antonio Franco era nato a Calvi Risorta il 16/01/1877 da Nicola e Caterina Martino.

Iniziò giovanissimo a lavorare nei campi.

Chiamato alle armi il 7 marzo 1898, fu assegnato il 21 marzo dello stesso anno al 58° Reggimento Fanteria, ricevendo il 31 dicembre 1898 l’incarico ufficiale di trombettiere.

Antonio_Franco_1898

L’imbarco per gli Stati Uniti

Il 29 luglio 1900, il giovane caleno, durante il servizio militare, si trovò a pochi metri dal luogo dell’assassinio del re Umberto I presso la Villa Reale di Monza per mano dell’anarchico Gaetano Bresci.

Inviato in congedo illimitato il 16 settembre 1900, ottenne la dichiarazione di buona condotta e l’attestazione per l’elettorato politico perché non incappò in punizioni disciplinari o in reati contro il codice penale militare.

Il 26 agosto 1902, fu richiamato alle armi per istruzione e ricollocato in congedo illimitato il successivo 22 settembre.

Sposò il 30 aprile 1903 la conterranea e coetanea Rosa Fierro, fissando la dimora nel “Vicinato” a Petrulo.

Dopo che la moglie ebbe dato alla luce il primogenito Nicola (07/07/1904), Antonio Franco emigrò la prima volta negli Stati Uniti nel 1905 imbarcandosi a Napoli il 15 febbraio sulla nave “Lombardia” per garantire alla famiglia un’esistenza dignitosa.

Sbarcò nella baia di New York con soli 20 dollari in tasca e si trasferì a Rochester in “562 Street”, ospite del cugino Domenico Carusone.

Il 14 agosto 1905, il distretto militare di Caserta lo richiamò nuovamente alle armi per istruzione, dispensandolo contestualmente perché “all’estero con regolare passaporto”.

Soggiornò per un breve periodo oltreoceano, per poi far ritorno a Petrulo.

Ebbene, quando la consorte Rosa era al quarto mese della seconda gravidanza (Giovanna 16/11/1907), espatriò una seconda volta negli Stati Uniti d’America imbarcandosi insieme a diversi suoi compaesani nella città partenopea il 21 giugno 1907 sulla nave “Prinzess Irene“.

L’incontro con il celebre trombettiere Giovanni Martino

Alle autorità statunitensi di Ellis Island dichiarò di essere già stato in America nel 1905, di essere sposato con Rosa Fierro e di raggiungere il fratello Francesco, di 4 anni e mezzo più giovane, a Seneca Falls in “17 Adams Street” nello stato di New York.

Fu durante questo secondo soggiorno negli States che conobbe negli ambienti frequentati dagli emigranti italiani il celebre trombettiere Giovanni Martino di Sala Consilina, l’unico sopravvissuto del battaglione di Custer.

Prima di questo evento, Antonio Franco era completamente all’oscuro sia della battaglia di Little Bighorn che del famoso messaggero italo-americano.

Avevano fatto amicizia e durante i loro incontri parlavano, tra le altre cose, della terra di origine, della reciproca passione per la tromba e del cognome che John aveva in comune con la mamma di Antonio.

Così l’ex soldato di Custer decise di regalare al caleno il proprio fucile garibaldino, un Tower autentico del 1860.

Il petrulese rientrò in Italia portando con sé l’arma.

Successivamente, avuto dalla moglie il terzogenito Giuseppe (27/04/1910), s’imbarcò nuovamente nel porto di Napoli per il nuovo mondo il 3 giugno 1910 sulla nave “Luisiana” diretto a Cleveland in Ohio, dove si stabilì insieme al fratello Francesco al “n. 1246 della 69 Street”.

Ritornò definitivamente in Italia.

Il fucile in dotazione ai volontari garibaldini

Il 25 maggio 1915, in seguito all’ordine di mobilitazione diramato dal Ministero dell Guerra, fu arruolato nel 220° Battaglione della Milizia Territoriale per combattere nella prima guerra mondiale, meritando sul campo la decorazione di Cavaliere dell’Ordine di Vittorio Veneto.

Antonio Franco, oltre ai tre menzionati in precedenza, ebbe dalla moglie altri quattro figli: Raffaela (31/12/1913), Anna (30/11/1915), Margherita (13/10/1918) e Carmelo (17/07/1921).

Dalla fine degli anni ’50, si distinse in paese perché suonò uno strumento musicale caratteristico (un’asta di ferro percossa da un’altra bacchetta metallica) innanzi alla banda di Visciano in occasione delle feste patronali.

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A seguito della sua morte, avvenuta a Calvi Risorta il 22 maggio 1974 alla veneranda età di 97 anni, il fucile fu custodito legalmente da un nipote in un luogo segreto.

L’arma ad avancarica originale, in dotazione ai volontari garibaldini, presenta in prossimità del grilletto il marchio della Tower, il simbolo della corona reale inglese, l’anno di fabbricazione (1860) e il numero di matricola (12).

Fucile_garibaldino

Fucile_garibaldino2

Il fucile, costruito in una piccola fabbrica semi-artigianale, è dotato di un mirino rialzato, una canna ancora perfettamente integra in ogni sua parte, un acciarino funzionante e legni in ottimo stato.

Sul mercato dell’antiquariato e del collezionismo, l’oggetto è valutato tra i 1000 e i 2000 euro.

In realtà, il prezioso cimelio è di inestimabile valore perché appartenuto ad uno dei miti della storia.

Ci auguriamo di poter ammirare dal vivo questo autentico gioiello consigliando ai legittimi proprietari di esporlo in pubblico nell’ambito di una manifestazione culturale a Calvi.

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