Castrum Petruri

Castrum Petruri

Petrulo è la frazione più antica di Calvi Risorta.

Delle sue origini se ne è parlato poco e scritto ancor meno.

La costruzione e la fortificazione del “Castrum Petruri” risale senza ombra di dubbio al IX secolo allorché i saraceni, scorrazzando impunemente nel territorio campano, indussero molti abitanti dell’agro caleno a spostarsi verso zone più sicure e protette del suo territorio.

La prima attestazione dell’esistenza della Contea di Petrulo è contenuta in un antico calendario e necrologio del monastero di San Benedetto di Capua, dal quale si rileva che l’alto dignitario longobardo Aldemario, Conte di Calvi e Petrulo, era deceduto a maggio di un imprecisato anno.

Aldemarius Comes Calvi, & Petruri. Off. & Mis. (1)

Da un’altra fonte apprendiamo che il Conte morì il 24 maggio del 973.

Aldemario 

Il documento, di estremo interesse, consente di affermare con certezza che Petrulo esisteva già nel 973.

Il borgo fortificato, da una prima indicazione, costituiva un insediamento autonomo, non assoggettato alla giurisdizione del Gastaldato di Calvi, e gestito da un Signore che disponeva delle terre e del castello come sue proprietà.

Tra il 1026 e il 1038, alla morte di Pandolfo, dapprima Conte di Teano insieme con il fratello minore Gisulfo II e poi Principe di Capua (Pandolfo VI, 1022 – 1026), i suoi figli si divisero la contea teanese.

I Signori di Petrulo

I membri della dinastia sidicina, uniti in un primo momento sotto la stessa corona, si spartirono in seguito i castelli del suddetto contado favorendo l’istituzione di altrettante dinastie, i cui nomi, secondo l’usanza del tempo, derivavano dai luoghi di origine, di provenienza o di residenza.

Nacquero così le famiglie dei signori di Petrulo, Caianello, Marzano, Mignano, Montanaro, Presenzano, Roccaromana, Sesto, Vairano, Venafro e molte altre, che si fregiarono quasi tutti del titolo comitale.

Ex iis etiam prodiere Comités de Galluccio (qui diù Capuae constitere, modo exinsti) Comités Praesentiani, Venafri, de Sexto, de Vrata, de Rajnulo, de Mignano, Mesini, Cajanelli, Marzani, Petruri, Fauciani feu de Fauzano, de Roccaromana, de Conca, de Marzanello, de Montanaro, de Vairano, Mastrati, Cerulani, de Montaquila, de Gallo, de Ailano, aliique, ut ex veteribus nostris Chartis perquam clarè dignoseitur (3).

In particolare, di Petrulo erano originari Lando e il milite Algisio riportati nel registro necrologico dei sepolti nella dipendenza monastica cassinese di Capua dal quale, però, non si rileva l’epoca della loro morte.

Landus de Petruro . Phil. De Roccarom. postea Mon.
……..
Algisius de Petruro Miles . Anna de Galluczio (4)

È lecito supporre che la frammentazione della contea di Teano e la conseguente attribuzione della Signoria calena ad un congiunto di Pandolfo consentì a Petrulo di ampliare e rafforzare il controllo del proprio territorio.

Le monache di S. Maria in Capua

Nel 1167 ritroviamo, nelle vesti di abbatessa del monastero delle monache di S. Maria in Capua, la degnissima Matthia dalla scintillante reputazione e discendente da una nobile famiglia del Castrum Petruri.

In verità, gli altri uomini d’onore presenti nella piccola città, che era sui monti sopra la città di Cales, chiamati Callicola per la loro lunga estensione, potrebbero essere loro stessi i Conti, i Baroni e i Signori, la cui illustre fama derivò dal possesso del castello di Petrulo.

Inoltre, nel Chronico si accennava anche ad un monaco arvernense (un discendente di un antico popolo che occupava i territori che oggi corrispondono all’Auvergne, nel Massiccio Centrale francese) di nome Casto (riferito presumibilmente a San Casto), il primo che parlò di quelle nobili terre.

Nobilis Monasterii Monialium S. Mariae Campanae urbis in membranis descripto, ubi de Matthia de Petruro verba habentur ista: Fuit igitur Domina Mathia Monasterii S. Mariae Monialium Abbatissa dignissima, natione nobilium de Castro Petruri, morum honestate praefulgens: Verum qui alii nobiles viri in parvo oppidulo, quod est supra urbem Cales in montibus, qui Caliculae longo tractu olim dicti, esse potuerunt, nisi eiusdem Comites, sive dicas Barones, ac Dominos quibus ex Castri possessone gentile nomen de Petrulo adcessit. Ivo certe Carnotensis Espist. 211 eadem mente, ut reor, Monachum quendam Arvernensem, nomine Castum, progenitum dixit de nobilibus terrae illius (5)

La pergamena del 1049

Lo storico sparanisano Giuseppe Carcaiso asserisce che “una pergamena del 1049, citata e commentata dallo storico Morra, parla di una convenzione stipulata tra Paldolfo (o Pandolfo) conte di Venafro – figlio o, comunque, discendente diretto di Landonolfo conte di Calvi ed una sua cugina di nome Maria, potente badessa del convento di Santa Maria in Cingla in Capua.

Ora, se si mette in conto un errore di trascrizione dell’amanuense medioevale che stilò o trascrisse la pergamena, si può ipotizzare che la “Maria” citata nel Manoscritto del Morra e la “Mathia” riportata dal Pellegrino siano state la stessa persona e ciò specialmente se si tiene presente che entrambe appaiono originarie di Calvi ed entrambe, nella stessa epoca, le troviamo badesse del monastero di S. Maria in Capua.

Pertanto, la datazione della notizia data dal Pellegrino può essere fissata intorno al 1049 (data della pergamena di Venafro)” (6).

Per la verità, io sarei di diversa opinione.

Dalla consultazione del “Sanctuarium mortuorum” del monastero capuano, emerge chiaramente che lo scrivano medievale non commise alcun errore di trascrizione in quanto le badesse Maria e Mattia vissero in epoche diverse.

 Liber_Capua

Le religiose del luogo

Nello specifico, Maria amministrò la comunità di religiose dal 1032 al 1074 e Matthia di Petrulo, alla morte di Ata avvenuta il 16 dicembre 1167, guidò il monastero per ben 46 anni fino al 17 gennaio 1213 sovrintendendo nel 1171 al passaggio del convento sotto la giurisdizione dell’Arcivescovo di Capua.

Camillo Pellegrino, attingendo da un’antica e deteriorata scrittura, evidenziava che, nell’anno 1123, la badessa delle monache di S. Maria della città di Capua era Sichelgarda di Petrulo.

Anche in questo caso l’anno è sbagliato (furono invertiti due numeri).

In realtà, il 17 gennaio 1213 a Matthia subentrò la concittadina Sichelgarda per 32 anni e mezzo fino al 12 giugno 1246.

E qua mendosa, & antiquitus corrupta scriptura similis annorum collectio in Codicem alias dictum S. Mariae Monialium urbis Capuae manavit, ipsum quidem sub aetate exaratum eiusdem Monasterii Abbatissae SiKergarde De Petruro, quae ab anno sedit 1123 (7).

Ancora nel XIII secolo (a. 1229), il territorio dei discendenti di Pandolfo VI, che comprendeva i castelli di Petrulo, Caianello, Marzano, Mignano, Montanaro, Presenzano, Roccaromana, Sesto, Vairano, Venafro ed altri, continuò ad essere indicato come Terra filiorum Pandulfi (8).

Infine, in un ulteriore documento del 1253, il Pellegrino menzionava un’altra badessa proveniente da Petruro, Altruda.

Qui Abbatissam Altrudam de Petruro figiti ad annum 1253 (9).

L’antico maniero di Petrulo

Per molti secoli, la residenza dei Conti di Petrulo fu una fortificazione situata in località “castiegliu” o, a detta degli abitanti della vicina Rocchetta e Croce, “castiegliu della murella“.

La struttura, posizionata ad un’altezza di 311 metri sul livello del mare, si trova a 41° 13′ 41.81” di latitudine Nord e a 14° 10′ 0.73” di longitudine Est lungo via Cannavale nel comune di Giano Vetusto.

Il castello, costruito nel IX secolo, torreggiava maestoso sulla valle sottostante dominando, come una sentinella in pietra, l’intero ager Calenus.

Fungeva da abitazione e da fortezza, quartier generale e prigione, ed era il frutto delle scoperte ingegneristiche, architettoniche e militari di quel tempo.

All’imponente costruzione si accedeva tramite un sentiero che costeggiava il fianco della montagna che, nel prosieguo degli anni, è diventato la strada di collegamento tra Giano e Rocchetta.

Il maniero, molto più ampio di quello di Calvi Vecchia, non perfettamente rettangolare e dall’altezza indefinita, era largo all’incirca 40 metri e lungo 60 per una superficie totale di 2500 metri quadrati.

Ruderi_Castello

Del castrum sono ancora evidenti i resti del basamento, in particolar modo sul versante a valle, dove le mura, costituite da grossi blocchi di pietra calcarea bianca, si presentano nella loro maestosità per 23,30 metri di lunghezza e 2 metri di altezza.

Altri sono presenti ai due lati.

Si ipotizza che fosse munito agli angoli della parete a monte di due torri.

Inoltre, poggiando su un terrapieno naturale, non era circondato da un fossato perché dotato di un dirupo naturale.

Una leggenda paesana

La riproduzione grafica della fortezza è puramente indicativa in virtù del fatto che allo stato attuale non è possibile eseguire un corretto e completo rilievo planimetrico a causa della fitta vegetazione che ricopre il suolo e al pessimo stato di conservazione delle vestigia archeologiche.

Castrum Petruri

Secondo una leggenda paesana, l’ultimo abitante del castello di Petrulo fu un califfo arabo che nascose sotto le sue mura un ingente tesoro.

Ma, un abitante del posto, appresa la notizia, trafugò il prezioso bottino.

Bibliografia:

1) Francesco Maria Pratilli, De Kalendario et necrologio monasterii S Benedicti cassinensium Capuae, in Camillo Pellegrino, Historia principum Langobardorum, Napoli, 1754, tomo V, p. 69
2) Trajano Spinelli, Tavola cronologica dè principi e più raguardevoli ufficiali, Napoli 1762, libro II, pag. 41
3) Camillo Pellegrino, De stemmate principum langobardorum, in op. cit., tomo V, p. 88
4) Francesco Maria Pratilli, De Kalendario et necrologio monasterii S Benedicti cassinensium Capuae, in Camillo Pellegrino, op. cit., tomo V, pp. 71 – 81
5) Camillo Pellegrino, De Chronico, in op. cit., tomo I, p. 120
6) Giuseppe Carcaiso, Calvi e l’alta Campania, 1996, pag. 173
7) Series Abbatum Cassinensium, in Camillo Pellegrino, op. cit., tomo I, p. 30
8) Riccardo di San Germano, Chronica, ed. Giuseppe Del Re, in Cronisti e scrittori sincroni napoletani, Napoli 1868, II, p. 57
9) Chronicon Anonymi Salernitani, in Camillo Pellegrino, op. cit., tomo I, p. 197

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