La riconquista di Calvi

La riconquista di Calvi

La rivolta dei napoletani e di alcuni casali del regno, iniziata il 17 luglio 1647, terminò il 6 maggio del 1648 quando le milizie spagnole entrarono nei quartieri della capitale in mano ai ribelli.

All’inizio della rivolta, il Principe di S. Pio della famiglia del Pezzo, gentiluomo di Salerno, costituì con i propri denari un’unità militare composta da truppe a cavallo e fanti, fra i quali vi erano alcuni esponenti della nobiltà teanese, ed assegnò il comando a Ottavio del Pezzo, Luogotenente di Maestro di Campo Generale.

Ottavio, incaricato in un primo tempo a gestire la piazza d’armi di Aversa, si ritrovò, su disposizione del Generale dei Dragoni Vincenzo Tuttavilla, a contrastare la furia di Domenico Colessa alias Papone, che occupando, quasi senza colpo ferire, tutte le terre del circondario di Roccasecca, si impadronì, di fatto, di tutta l’alta provincia di Terra di Lavoro.

Il Papone, autoproclamatosi “Generale della Serenissima Repubblica Napoletana” e alla testa di 4000 uomini, discese nell’alto casertano e s’impossessò prima di Roccamonfina e poi di Sessa Aurunca (dove stabilì il suo quartier generale).

E tentando far fare lo stesso a Teano, il ritrovò costante e saldo nelle fede regia, onde trattò d’insignorirsi della città di Calvi, posta tra Teano e Capua, per impedire ogni qualunque soccorso che da detta città potesse venirle “(1).

Calvi, dall’aria cattiva, fu conquistata agevolmente dai “rivoluzionari” in assenza di un presidio militare e per i pochi residenti.

La reazione rabbiosa dei regi

Il Governatore Regio si asserragliò all’interno delle mura del castello caleno e resistette all’assedio per due giorni prima di arrendersi

con patto che gli fosse salva la vita, ma ciò dai popolari non gli fu osservato, perché troncarono il collo a lui e ai suoi familiari, ed indi se ne ritornarono a Sessa, lasciando cinquecento soldati in guardia a Calvi “(1).

Ebbene, a Calvi il governatore e i membri della sua famiglia subirono una barbara decapitazione.

La reazione rabbiosa dei regi non si fece attendere.

Il Tuttavilla, informato delle gravi violenze perpetrate dalle brigate ribelli contro i sudditi di Filippo IV, inviò un messaggero in incognito a Teano per incoraggiare il Governatore della piazza ad intraprendere una campagna militare mirata ad annientare le milizie rivoluzionarie e scacciarle da Calvi con l’impiego di altre truppe provenienti da Capua del duca di Maddaloni Diomede Carafa.

Sabato 4 gennaio 1648 “Ottavio del Pezzo senza frappor dimora alcuna, uscì da Teano con 50 cavalli e 200 fanti, scelti tra quelli del Battagline e di altri soldati di Teano; e presentatosi allo schiarire del giorno a Calvi, avendo i suoi difensori goffamente scaricato i loro archibugi contro i primi battitori che comparsero dei regii, il che osservato da Ottavio, gli fu subito addosso con la sua truppa di cavalli, senza dargli tempo di ricaricare di nuovo: il perché i popolari vedendo ferirsi ed uccidersi, si posero vilmente in fuga, abbandonando Calvi, della quale senza altro contrasto Ottavio s’insignorì prima che vi giungesse il Duca di Maddaloni “(1).

L’assalto alla città di Calvi

Alle prime luci dell’alba, senza ombra di dubbio, Ottavio del Pezzo mise a ferro e fuoco la città di Calvi danneggiando la Cattedrale e il palazzo Vescovile, ubicato accanto alla chiesa dove tuttora si osserva il tracciato della scala.

Un incendio distrusse completamente l’archivio diocesano riducendo in cenere tutti i documenti ufficiali della curia; si salvarono solo due manoscritti (la Platea e la relazione della visita del vescovo Fabio Maranta) conservati fortunatamente a casa del Cancelliere della Curia.

Il del Pezzo, lasciando a protezione di Calvi una compagnia a cavallo e cinquanta soldati spagnoli, agli ordini del barone Cesare Zattara, Commissario Generale della cavalleria, fece ritorno a Teano.

Diomede Carafa, invece, “partito da Aversa e gitone a Capua ove dimorava la Duchessa sua moglie (la nobildonna Antonia Caracciolo), avendo udito che si era rivoltata a favore dei popolari la città di Calvi, andò ad assaltarla con condur seco le altre compagnie di cavalli che colà dimoravano del Capitano Montalvo, Origlia e D. Carlo di Falco, e cento fanti Spagnuoli, col capitano Ignazio e D. Giacinto Suardo, avendo stabilito che i soldati regii che dimoravano in Teano l’avessero assalita dalle altri parti “(2).

Il trafugamento degli oggetti sacri

Ma inspiegabilmente, invece di puntare dritto su Calvi per affrontare e combattere i rivoltosi, deviò in direzione di Pignataro allo scopo di saccheggiare il casale caleno
uccidendo e fugando gli abitatori, con farvi ricca preda, … e facendo condurre a Capua tremila staia di frumento e molti altri d’orgio che colà ritrovò “(2).

Come se non bastasse, “benché con tanta poca riverenza delle cose sacre, trafugò le suppellettili del Duomo, il bacolo, la mitra e gli altri arnesi del Vescovo, le quali cose (parendo ciò brutto e sconvenevole) furono poi fedelmente restituite “(2).

In serata, il duca Diomede Carafa raggiunse la città di Calvi, già saldamente in mano ai soldati del Re, e da lì si ritirò a Capua.

Gli eventi appena descritti trovarono conferma nelle deposizioni di alcuni testimoni durante il processo che la Curia Vescovile di Calvi istruì contro i rapinatori.

Il canonico D. Girolamo Barricello, amministratore dei beni vescovili riferì che
circa li quattro gennaio 1648 venne in detto casale (di Pignataro) un esercito di gente armata a piedi et a cavallo con trombette e tamburri et io per paura mi posi a fuggire con tutte le genti di Pignataro alla montagna et la sera, partita detta armata verso la città di Calvi, scesi con dette genti di Pignataro e subbito andai a detto palazzo (Vescovile) … et ritrovai le porte scassate, le vitriate rotte et li banghi scassati et ne avevano pigliate ogni cosa, insino allo velluto che stava sulle segge l’avevano pigliato et ritrovai di più scassate le porte della dispensa dove stava gran quantità di lardo, presutti, formaggio di più sorta, oglio, vino … (3).

Un altro testimone oculare, Luigi Cicchella da Sparanise di anni 25, asserì che
l’armata, fatta la bravata a Pignataro, passo a Calvi.

Le scorrerie di Diomede Carafa

Qui vi furono feriti e carcerati. (3)

Inoltre, raccontò di essere stato ferito e portato nelle carceri di Capua dove rimase per circa un mese ” (3).

Dunque, in origine o almeno nelle intenzioni del Tuttavilla, la soldatesca di Diomede Carafa avrebbe dovuto dar man forte alle truppe lealiste impegnate a combattere i ribelli nell’agro caleno.

Il conseguente saccheggio di Pignataro non è in alcun modo riconducibile ad una vendetta trasversale ordita dal duca di Maddaloni contro Ascanio Filomarino, cardinale di Napoli e fratello del vescovo di Calvi, Gennaro Filomarino perché il Carafa era solito con la sua “squadra di scherani e rubatori scorazzare per le campagne e assalire ogni ragunata gente “.

Invece, Ottavio del Pezzo, tenente delle milizie del Regno, per i meriti acquisiti difendendo valorosamente le città di Calvi e Teano dai rivoltosi nella rivoluzione del 1647 – 1648, ottenne il titolo di 1° Duca di Caianello con privilegio dato a Madrid il 22 aprile 1651.

Bibliografia:
1) Diario di Francesco Capecelatro contenente la storia delle cose avvenute nel reame di Napoli negli anni 1647 – 1650, Vol. III, Napoli, 1854
2) Diario di Francesco Capecelatro contenente la storia delle cose avvenute nel reame di Napoli negli anni 1647 – 1650, Vol. II, Parte I, Napoli, 1852
3) Pietro Palumbo, “Il foglio” – Pignataro Maggiore, 1° gennaio 1975, Teano, p. 2, in Antonio Martone, Storia di Pignataro in età moderna – Il seicento (Prima metà), Giuseppe Vozza Editore, 2013
4) Istoria del Tumulto di Napoli di Tommaso De Santis nella quale si contengono le cose occorse nella Città e nel Regno di Napoli, dal principio del governo del Duca d’Arcos fino al dì 6. D’Aprile 1648, Napoli, 1770

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