La lettera di Cicerone redatta a Cales il 25 gennaio 49 a.C.

La lettera di Cicerone redatta a Cales il 25 gennaio 49 a.C.

Marco Tullio Cicerone è stato uno dei più grandi uomini della storia.

L’avvocato, oratore, politico, scrittore, statista e studioso nacque nel 106 a.C. ad Arpino (Frosinone) da un’agiata famiglia equestre.

Compì ottimi studi indirizzati principalmente alla formazione oratoria e retorica con costanti esercizi di declamazione in greco e in latino.

L’arpinate strinse una forte amicizia con Tito Pomponio Attico destinata a durare tutta la vita.

Nell’89 prestò servizio militare durante la guerra sociale prima con Silla e poi agli ordini di Gneo Pompeo Strabone.

Nell’81, o forse prima, debuttò come avvocato.

Nell’80 affrontò la sua prima causa importante, difendendo Sesto Roscio dall’accusa di parricidio da parte di potenti membri del clan sillano.

Tra il 79 e il 77 compì un viaggio in Grecia e in Asia, dove approfondì le sue conoscenze di filosofia e retorica.

Al ritorno sposò Terenzia, dalla quale ebbe due figli: Tullia (76) e Marco (65).

Nel 75 ricoprì la carica di questore in Sicilia.

Cinque anni, si guadagnò la fama di principe del foro dopo aver sostenuto trionfalmente l’accusa dei siciliani contro Verre.

Nel 69 fu edile e nel 66 pretore, continuando la sua ascesa politica,

Nel 63 Cicerone fu eletto console e represse la congiura di Catilina.

Guardò con preoccupazione al primo triumvirato siglato da Caio Giulio Cesare, Gneo Pompeo Magno e Marco Licinio Crasso.

L’accordo siglato come patto privato gli appariva insidiosa per l’autorità del Senato.

Nel 58 fu condannato all’esilio in Macedonia con l’accusa di aver messo a morte senza processo i complici di Catilina.

Richiamato a Roma, vi tornò trionfalmente l’anno successivo.

Fra il 56 e il 51 Cicerone continuò a svolgere l’attività forense, tentando una difficile collaborazione con i triumviri.

L’amore per Cales

Intanto, compose il De oratore, il De re publica e iniziò a lavorare al De legibus.

Nel 51 fu governatore in Cilicia, avendo come prefetto del genio militare Quinto Paconio Lepta, originario di Cales.

Allo scoppio della Guerra civile, nel 49, esitò a lungo prima di parteggiare per Pompeo.

Si recò in Epiro con altri senatori, ma non partecipò alla battaglia di Farsalo nel 48.

Dopo la sconfitta di Pompeo, Cicerone ottenne il perdono di Giulio Cesare.

Nel 46 divorziò da Terenzia e sposò la sua giovane pupilla Publilia, dalla quale si sarebbe separato dopo pochi mesi.

La figlia Tullia morì nel 35.

Nel 44, dopo l’uccisione di Cesare, Cicerone tornò alla vita politica e intraprese una strenua lotta contro Antonio.

Dopo il voltafaccia di Ottaviano, il nome dell’arpinate fu inserito nelle liste di proscrizione.

Marco Tullio Cicerone fu assassinato il 7 dicembre 43 dai sicari di Antonio.

Nella sua vita ebbe una predilezione e un attaccamento particolare per Cales, ove soggiornò diverse volte.

Nessuna altra città romana, infatti, ebbe un protettore così autorevole ed eminente.

L’arpinate, prendendo a cuore la sorte di due cittadini di Cales, Caio Suberino Caleno e di Marco Planio Herede, rimasti bloccati in Spagna a causa della guerra civile, indirizzò una lettera a Dolabella:

“Ti chiedo, o, se permetti, ti prego di preservare l’incolumità di questi uomini miseri e sventurati più per cattiva sorte che per colpa loro. E che io possa concedere questo favore, attraverso te, non solo agli stessi miei amici ma anche al municipio di Cales, con il quale ho uno stretto legame, e a Lepta, che antepongo a tutti.”

Ed è proprio nella villa di Quinto Paconio Lepta, suo prefetto del genio militare in Cilicia, che dimorò Cicerone a Cales.

Dalla cittadina campana inviò diverse missive ad Attico.

Alla volta di Capua

Partendo il 25 gennaio da Cales alla volta di Capua, dato che l’infiammazione degli occhi è alquanto diminuita, ti ho scritto questa.

Lucio Cesare consegnò il 23 a Pompeo, che era con i suoi consoli a Teano, le proposte di Cesare.

L’offerta fu accettata purché egli ritiri le guarnigioni delle terre che aveva occupato fuori dalla sua provincia.

Se lo facesse, fu risposto, noi torneremo a Roma e il Senato prenderà le sue decisioni.

Spero che per il momento avremo la pace.

Infatti, all’uno rincresce il furore, all’altro la pochezza delle sue forze.

Pompeo ha voluto che io andassi a Capua ad intensificare la leva, alla quale i coloni campani si prestano senza entusiasmo.

I gladiatori che Cesare teneva a Capua, dei quali io ti avevo malinformato dietro le lettere di Aulo Torquato, Pompeo li ha distribuiti a due a due tra i capifamiglia senza molte difficoltà.

In quella scuola gladiatoria c’erano mille scudi e correva voce che questi uomini fossero in procinto di scatenare una rivolta.

Senza dubbio è stata presa una misura di notevole utilità per lo stato.

Guerra o pace?

Quanto alle nostre donne, tra le quali c’é tua sorella, guarda se è giusto che esse rimangono a Roma, mentre tutte le altre di ogni estrazione sono partite.

Ho scritto questo a loro e prima a te stesso.

Vorrei che tu le esortassi ad andare via, tanto più che abbiamo dei poderi sulla costa, di cui ho la cura, dove nelle circostanze potrebbero trovarsi abbastanza bene.

Se si vuole trovare da ridire sulla decisione presa da mio genero, io non ho bisogno di risponderne.

Ma la cosa più importante è che le nostre donne, a differenza delle altre, sono rimaste a Roma.

Fammi sapere cosa pensi tu e Sesto dell’uscita e in generale dell’intera faccenda.

Personalmente, non smetto di esortare alla pace, che, per quanto ingiusta, è sempre meglio della guerra più giusta con i cittadini.

Per il resto, sarà ciò che la fortuna vorrà.

Scr. Calibus a. d. vi K. Febr. a. 705 (49)

A. d. vi Kal. Febr. Capuam Calibus proficiscens, cum leviter lippirem, has litteras dedi. L. Caesar mandata Caesaris detulit ad Pompeium a. d. viii Kal., cum is esset cum consulibus Teani.
probata condicio est, sed ita ut ille de iis oppidis quae extra suam provinciam occupavisset praesidia deduceret.
id si fecisset, responsum est ad urbem nos redituros esse et rem per senatum confecturos.
spero posse in praesentia pacem nos habere; nam et illum furoris et hunc nostrum copiarum suppaenitet.
me Pompeius Capuam venire voluit et adiuvare dilectum; in quo parum prolixe respectent Campani coloni.
gladiatores Caesaris qui Capuae sunt, de quibus ante ad te falsum ex A. Torquati litteris scripseram, sane commode Pompeius distribuit binos singulis patribus familiarum.
scutorum in ludo I[c]]c] fuerunt.

eruptionem facturi fuisse dicebantur. sane multum in eo rei publicae provisum est.
de mulieribus nostris in quibus est tua soror, quaeso videas ut satis honestum nobis sit eas Romae esse cum ceterae illa dignitate discesserint.
hoc scripsi ad eas et ad te ipsum antea.
velim eas cohortere ut exeant, praesertim cum ea praedia in ora maritima habeamus quoi ego praesum ut in iis pro re nata non incommode possint esse.
nam si quid offendimus in genero nostro (quod quidem ego praestare non debeo) – sed id fit maius quod mulieres nostrae praeter ceteras Romae remanserunt.
tu ipse cum Sexto scire velim quid cogites de exeundo de totaque re quid existimes.
equidem ad paceni hortari non desino; quae, vel iniusta, utilior est quam iustissimum bellum cum civibus.
Sed haec ut fors tulerit.

Bibliografia:
1) Marco Tullio Cicerone, Ad Atticum, Libro VII, 14

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