Il prezioso sarcofago longobardo di Calvi

Il prezioso sarcofago longobardo di Calvi

In aperta campagna, a pochi metri dalla Casilina, giace solitaria sull’arce o Capitolium dell’antica Cales l’odierna Cattedrale di Calvi.

Nel Duomo, il messaggio religioso fu affidato a programmi di scultura ad uso liturgico con l’utilizzo prevalente di marmo e pietra.

Tra gli elementi decorativi, due erano presenti sulla facciata principale e considerati di particolare interesse per la storia.

Sulla cornice superiore del portale romanico, sono scolpiti a semicerchio in forte rilievo animali d’ogni sorta con figure di ominidi.

Il ciclo figurativo si caratterizza in particolare per la singolarità della sua composizione:

quasi ogni figura trova la sua immagine contigua replicata rispetto ad un ideale asse di simmetria.

L’opera simboleggia, con una spiccata concezione figurativa tipicamente medievale, la potenza purificatrice e rigeneratrice della religione.

L’iconografia, secondo alcuni studiosi, non rievoca un motivo mitologico ma serve ad annientare le passioni, rappresentate dagli animali.

Altri, invece, farneticando, hanno intravisto negli ominidi Ercole tra i serpenti, mandati dalla gelosa Giunone a strangolarlo nella culla.

Comunque, il bassorilievo è una imitazione artistica dell’antichissima usanza di scolpire gli animali sulla facciata dei templi.

Il Gori affermò:

In fronte vero templorum caelata fuisse animalia, quae in deorum tutela erani, nemo ignorat“. (1)

Ma fu San Clemente Alessandrino a segnalare che i primi a scolpire animali all’ingresso dei templi furono gli Ebrei. (2)

Il busto clipeato

L’autentico tesoro, invece, era utilizzato come architrave nella medesima facciata lato sinistro della Cattedrale di Calvi.

Il sarcofago longobardo del IX-X secolo è una lastra di marmo lunga 232 cm, larga 71 e spessa 17 cm.

Come si vede in questa immagine di repertorio, era collocato a circa due metri dal suolo.

Sarcofago facciata

La presenza del sarcofago davanti alla Chiesa presupponeva l’esistenza dell’Atrio, nel quale comunemente erano sepolti i personaggi caleni più distinti.

Il bassorilievo s’ispira nel motivo decorativo figurato ad un modello romano estremamente diffuso: il “busto clipeato“.

La raffigurazione evidenzia i seguenti tratti caratteristici:

  • una figura racchiusa in una cornice tonda
  • la tunica orlata della stessa decorazione a dischi degli abiti delle figure nei rilievi
  • il tritone con la fronte coronata dalla benda agonistica.

La lastra assume un grande valore storico e artistico perché è la sola tomba dell’epoca longobarda che ci sia pervenuta.

Nell’Atrio del Duomo della vicina Capua ve ne erano diverse, ma nel 1832 furono rimosse e andarono disperse.

Tra esse primeggiava il sarcofago di Atenolfo, detto il Grande, il principe longobardo che eresse il castello di Calvi.

La lastra marmorea calena presenta al centro un busto clipeato di figura muliebre con nobile e distinto carattere.

Ai lati, è ornato da figure di sirene e tritoni in bassorilievo disposte simmetricamente.

Lo scultore, provando ad imitare un antico sarcofago pagano, era più abituato a scolpire nastri e trecce che figure umane.

E qui, cedendo alla propria attitudine, ha eseguito un intreccio di nastri ai bordi laterali e nella parte sottostante.

L’abbigliamento della donna è fortemente influenzato dalla moda bizantina.

Il suo viso è informe e la capigliatura sembra piuttosto una parrucca o un cappuccio calato sulla fronte.

Sacofaco_Longobardo

Ma ciò che più desta sorpresa é la mancanza di una qualsiasi iscrizione sul sarcofago.

Il sarcofago di Gualferada

D’altronde, sull’identità della signora a noi nulla è pervenuto sia dalla tradizione che dagli storici locali.

Quindi silenzio, non metaforico, di tomba.

In realtà, i longobardi, specie se si trattava delle loro donne, avevano l’abitudine di apporre prolissi epitaffi alle sepolture.

Un tipico esempio è quello scoperto all’inizio del secolo scorso presso la vicina Triflisco.

Specificatamente, nella città di Sicopoli, che ebbe pochi decenni di vita perché incendiata nell’856, rivennero un epitaffio di ben dieci distici latini apposto alla tomba di Arniperga, moglie di Pandone il Rapace.

L’iscrizione al nostro sarcofago dovette andare dispersa o distrutta a causa dei numerosi avvenimenti infausti che si susseguirono nell’alta Campania.

La maggior parte degli storici associano l’urna sepolcrale alla Grotta delle Fornelle, dove sono affrescate bibliche rappresentazioni ed epigrafi.

Nella cavità, in alto della parete di fronte dove sorgeva l’altare, si intravede tuttora la Vergine circondata dagli Apostoli con le braccia sollevate in atteggiamento di orante e in procinto di alzarsi da terra per ascendere in cielo.

Alla base di questo affresco del X secolo, la seguente epigrafe, benché non tutta decifrabile, recita:

Hoc opus quod aspicitis ego Pandulfus comes cum Gualferada Comitixa uxore mea …

L’iscrizione in lettere bianche, dunque, riporta i nomi del conte Pandolfo e della sua consorte.

Del resto, in base ai documenti pubblicati dal Gattola (3), un Pandolfo, appartenente al ramo dei conti di Caiazzo ed unito alla famiglia dei principi longobardi di Capua e Benevento, deteneva nel 1023 il titolo di conte di Calvi.

Pertanto, in base alle suddette informazioni, la signora del sarcofago sarebbe la contessa Gualferada.

Questa tesi è stata accolta unanimemente da tutti gli studiosi.

Malgrado ciò, per onesta intellettuale bisogna sottolineare che non vi è assoluta certezza che Gualferada sia la donna del sarcofago.

In bella mostra a Brescia

Verso la fine del secolo scorso, la lastra fu asportata per ragioni di sicurezza dalla facciata della cattedrale di Calvi.

Ma prima di essere collocata in un posto sicuro, fu inviata al nord Italia.

Dal 18 giugno al 19 novembre 2000 si tenne a Brescia una mostra su “Il futuro dei Longobardi in Italia”.

Centosettanta prestatori europei ed americani parteciparono al grande evento.

Nel Museo di Santa Giulia, i curatori proposero, per la prima volta, il tema dell’eredità storico-artistica lasciata dai Longobardi all’Italia e del contributo che questa cultura ha saputo dare nella formazione della successiva Europa carolingia.

Le opere esposte furono oltre 500 tra affreschi, smalti, gioielli, grandi sculture e codici miniati.

Tra loro vi era la pietra sepolcrale di Gualferada.

La presenza del sarcofago longobardo alla mostra internazionale costituì un motivo di soddisfazione e di orgoglio per l’intera cittadinanza calena.

Infatti, contribuì al prestigio ed alla piena riuscita di uno dei maggiori eventi culturali europei del 2000.

Il prezioso sarcofago, dopo il rientro a Calvi, è stato collocato all’interno della cattedrale romanica sulla parete della navata destra.

Ed è qui che si può ammirare una delle opere più rappresentative della Longobardia minore.

Riproduzione_Bassorilievo

Bibliografia:
1) Antonio Francesco Gori, Inscriptiones antiquae in Etruriae urbibus, Volume 2, Firenze 1734
2) Clemens, Alexandrinus, Protrettico ai greci, a cura di F. Migliore, Roma 2004
3) Erasmo Gattola, Historiam Abbatiæ Cassinensis accessiones, Pars prima, Venezia 1734
4) Heinrich Wilhelm Schulz, Denkmaeler der Kunst des Mittelalters in Unteritalien, Dresda 1860

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