La sfavillante processione di San Casto

La sfavillante processione di San Casto

Secondo la tradizione cattolica, San Casto fu uno dei primi martiri delle persecuzioni di Nerone.

Il 22 maggio 66 d. C., il boia alzò una tagliente spada e recise la testa del Vescovo.

Le spoglia del martire, rimasto insepolto per 39 giorni, furono trafugate la notte del 1 luglio 66 dai caleni.

È verosimile che il sacro corpo del santo fu seppellito in località “San Casto vecchio al Ciavolone”.

Nel 307 d.C., terminata la persecuzione dei cristiani, Calepodio costruì in quel luogo l’antica basilica paleocristiana intitolata al venerabile.

Da allora, il 22 maggio di ogni anno, si iniziò a celebrare la festa del patrono a Calvi Vecchia.

Nel corso dei secoli, le vicende legate al corpo del Vescovo caleno si arricchirono di ulteriori particolari.

Un’antichissima tradizione

Alcuni affermarono che il duca di Gaeta nell’anno 966 meditò di trafugare le spoglia di S. Casto dall’antica basilica paleocristiana.

Ma Landone, temendo una reazione rabbiosa dei caleni per la loro straordinaria devozione al santo, “determinò d’avvalersi della forza“.

Con gente armata, prese il corpo martirizzato del vescovo e lo trasportò a Gaeta.

Durante il viaggio, però, sopraggiunsero a spron battuto i caleni.

Quest’ultimi, unite le forze con quelle del “gran soldato Nicolò Monforte, Signore di Pietramelara,” si prepararono a contrastare i “rapitori”.

Il Monforte consigliò ai caleni di abbandonare le armi e di accontentarsi di ricevere un braccio di S. Casto.

Altri asserirono che Landone, pur riportando il corpo del santo a Gaeta, lasciò un braccio in custodia alla chiesa calena.

In seguito, ritrovandosi l’antico duomo in un luogo desolato, diversi individui di Sessa Aurunca, tentarono di depredare la reliquia.

Avvisati prontamente, gli abitanti di Calvi, aiutati da Nicolò Monforte, obbligarono i sessani a restituire “la sacra preda“.

Da allora, per non lasciarla incustodita nell’antica chiesa, la trasferirono nella nuova basilica di Calvi.

Nacque così la tradizione di far accompagnare la santa reliquia nelle processioni dagli abitanti della vicina Pietramelara.

Il ruolo degli abitanti di Pietramelara

I pietramelaresi erano orgogliosi del ruolo a loro assegnato.

Infatti, iniziavano a prepararsi alcuni giorni prima della festività del santo.

Il Capo dell’Università dava l’ordine di formare una compagnia di uomini armati, assegnando il grado di Capitano alla persona più prestigiosa.

Quest’ultimo, assumendo la carica e l’onore “della prefettura dei soldati“, preparava ciò che poteva servire a tutti.

Il Capitano spiegava una bandiera davanti casa “per risvegliare gli animi dei Terrazzani a prepararsi per questa mostra di milizia“.

Inoltre, spediva dei messaggeri nelle terre di Pietramelara a suonare tamburi e pifferi per invitare la popolazione all’adunata.

Ciascuno dei “Terrazzani” rispondeva all’invito con giubilo.

Alcuni si mostravano nelle vesti di alabardieri, taluni di picchieri ed altri di archibugieri.

Con gale e pennacchi, gli stessi comparivano davanti al comandante.

Costui distribuiva i gradi di sergente, di alfiere ed altro della milizia ai soggetti più importanti ed autorevoli.

Infine, intimava a tutti di ritrovarsi con le armi la mattina della festività di S. Casto per predisporre l’unità militare.

Il 22 maggio, nell’ora stabilita, al suono del tamburo, ognuno si faceva trovare pronto nel luogo assegnato.

La compagnia, disposta ordinatamente e preceduta dal Capitano, s’incamminava alla volta della città calena suonando pifferi e tamburi, e sbandierando i vessilli.

A Calvi erano accolti con onore da un altro squadrone di soldati a cavallo approntato dal locale Mastro di Fiera.

Giunti nella nuova basilica, onoravano il Santo con lo sparo di colpi di archibugi.

A seguire, si presentavano al Vescovo, pronti per accompagnare il sacro braccio di S. Casto.

L’organizzazione della processione

Il 22 maggio, il clero della Diocesi, il Capitolo dei Canonici e il Vescovo si recavano nella nuova cattedrale calena.

Qui, la mattina partiva una solenne processione diretta verso l’antico Duomo, “detto dal volgo S. Casto Vecchio“.

Erano obbligati ad intervenire, non solo il Clero, ma tutte le Confraternite della Diocesi con i loro abiti.

Ogni pia associazione, disposta ordinatamente, esibiva il proprio stendardo.

Alle Confraternite, seguiva il clero delle terre e dei casali della Diocesi con le loro croci.

In ultimo procedevano i Regi Canonici con il Vescovo.

Successivamente, l’ordine dei prelati divenne il seguente: 1) il Capitolo di Calvi – 2) Visciano – 3) Zuni – 4) Sparanisi – 5) Petrulo – 6) Pignataro – 7) Camigliano – 8) Giano – 9) Pastorano – 10) Partignano – 11) Francolisi – 12) Ciamprisco – 13) Rocchetta – 14) Croce – 15) Montanaro.

Nel giorno 22 Maggio, festa del nostro Santo primo Vescovo, in cui si presta l’obedienza alla nostra Cattedra, secondo l’inveterata , e lodevole consuetudine, disponga il Clero in maniera, che non faccia confusione; ma che ciascuno si trovi pronto secondo dovrà esser chiamato, com’altresì le Confraternite nell’ordinare la solita Processione, evitando ogni tumulto , ed inconveniente in materia di precedenza …(1)

In questo rito, il Primicerio del Capitolo, circondato da diversi persone con le candele accese, portava il braccio di S. Casto sotto un Pallio (un baldacchino di tessuto prezioso).

Fino al 1720, le sei aste “furono portate da chi aveva divozione di pigliarle.

Successivamente, con l’allestimento del nuovo Pallio, le autorità ecclesiastiche disposero “che la principal asta si dasse al Mastro Mercato, altre tre alli tre Eletti (di Petrulo, Visciano, Zuni e Sparanisi), altre due alli due Cancellieri in detta giornata di S. Casto.

Le funzioni religiose nel vecchio e nuovo Duomo

Per conferire maggiore solennità alla cerimonia, lo squadrone di soldati, con tamburi ed altri strumenti giulivi, mostrava “segni d’allegrezza accompagnando alle volte il giubilo ed il suono degli strumenti con lo sparo degli archibuggi e col veleggiar delle bandiere.

Il lunghissimo corteo, con i fedeli, cantando salmi, e gli altri, mostrando “ostentazioni di comune allegria“, giungeva al vecchio Duomo.

La Sacra Reliquia era esposta sopra l’altare maggiore.

Il Vescovo si sedeva sull’antica cattedra episcopale sospesa su due animali, circondato dai suoi canonici e dal clero.

Intanto, il Primicerio cantava solennemente la Messa.

A seguire, si celebrava il Sinodo Diocesano.

Al termine delle funzioni, nel medesimo ordine ritornavano processionalmente alla nuova Cattedrale e si riponeva la Reliquia sopra l’altare maggiore.

Per tutta l’ottava del Santo Patrono, la si lasciava esposta alla venerazione dei fedeli.

Nel giorno stesso, dopo aver cantato il vespro, il Vescovo amministrava il sacramento della Cresima.

Purtroppo, dalla fine del Seicento, le funzioni religione svolte nel vecchio Duomo cominciarono a tenersi nel nuovo.

L’edificio, da quel momento, iniziò a rovinarsi a causa del logorio del tempo.

Una tradizione suggestiva e folkloristica

La partecipazione al rito consentiva ai pietramelaresi di evitare di pagare il dazio alla dogana di Calvi.

Fin da quel tempo si fosse compiaciuta in guiderdone concedere à Terrazzani di detta Terra la franchigia, & esenzione del pagamento del Passo, o vogliam dire Datio, che gli altri Passaggieri sono obbligati à pagare nel passare il famoso Ponte, comunemente chiamato, il Rivo di Calvi, che trovasi prima d’entrare in detta Città dal prospetto di Capua“. (2)

Per di più, la città calena era obbligata a somministrare il pranzo agli abitanti di Pietramelara intervenuti alla processione.

Secondo quest’ultimi, i reciproci obblighi con la città di Calvi derivavano da un antico Privilegio.

Il documento menzionato, tuttavia, non è mai stato rintracciato.

Tornando alla festività del santo, possiamo affermare che era uno spettacolo unico ed emozionante.

La manifestazione, di origine basso medievale, contemplava la presenza di soldati e cavalieri, pifferi e tamburi, bandiere e vessilli.

In aggiunta, tra spari e suoni, si teneva una grande e importante fiera.

In quel giorno, una folla oceanica si riversava nelle strade di Calvi Vecchia proveniente dalle città e terre limitrofe.

Il suggestivo e folkloristico rito caleno, considerato uno dei più importanti del Sud Italia, si svolse per diversi secoli.

Bibliografia:

1) Costituzioni Capitolari della Santa Chiesa Cattedrale di Calvi, Napoli 1730
2) Giuseppe Cerbone, Vita e passione delli gloriosi martiri Santo Casto e Santo Cassio, Napoli 1685

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