Una luminosa tradizione

Una luminosa tradizione

Nei primi anni del Novecento, in un’epoca di ristrettezze economiche, i giovani, di cui più della metà provenienti dal Sud, emigrarono in America per cercare lavoro e sfuggire alla miseria.

Luigi Pomaro era tra di loro.

Classe 1896, caleno doc, il 12 giugno 1913, all’età di 17 anni, con una valigia di cartone, si imbarcò a Napoli sulla nave San Giorgio per approdare nel “Nuovo Mondo”.

La sua permanenza in America si protrasse per 8 anni lavorando per le ferrovie a Chicago nell’Illinois.

Laggiù apprese la tecnica di costruzione dei palloni aerostatici da uno suo collega napoletano, che a sua volta l’aveva acquisita da uno statunitense.

Per motivi familiari nel 1921 ritornò in Italia e nel 1925 si sposò con Giuseppina di Nuzzo, dalla cui unione nacquero sei figli, cinque femmine e un maschio.

Con la fine della seconda guerra mondiale e il conseguente miglioramento generale delle condizioni economiche e sociali, nel 1947 Luigi riscoprì la passione di costruire e far volare gli aerostati nonostante il parere contrario della moglie, assai riluttante perché il rischio di fare brutte figure era dietro l’angolo.

Abitando a Zuni, quale occasione migliore, se non la festa di S. Nicola di Bari, per tentare l’impresa?

Il progetto entusiasmò i componenti del comitato festeggiamenti e il presidente Giuseppe Zona, meglio noto come Peppino, si attivò per mettere a disposizione il materiale necessario, quale farina e rotoli di carta velina colorata.

La costruzione del pallone aerostatico

La tecnica prevedeva la creazione di due facce ogivali chiamate spicchi.

Con la calce, disegnava a terra un fungo di dimensioni pari alla metà della circonferenza con la punta inferiore tronca rispetto all’altra, e aiutata dell’ultimogenita femmina Carmela, incollava con un impasto liquido di acqua e farina la carta velina di forma rettangolare sui lati lunghi.

Terminate le due sezioni e assemblato il tutto, rinforzava le incollature della parte superiore, che erano maggiormente sollecitate, con dei rattoppi della stessa carta e potenziava il foro di apertura nella base inferiore con del fil di ferro.

Inoltre, legava gli spaghi posizionati nei lembi tutti insieme nella parte superiore con l’aggiunta di un gancio e singolarmente all’anello della parte inferiore per rafforzare l’intera struttura.

Ultimata la costruzione, appendeva il pallone al soffitto di un porticato esterno per controllare, bruciando un po’ di paglia, la presenza di eventuali sfiati, che riparava prontamente applicando delle toppe.

Infine, lo rivestiva con le immagini sacre ritraenti S. Nicola di Bari.

Il pallone, dalla circonferenza di 5 metri per un’altezza di 3, ripiegato e riposto in un sacco, era pronto per il lancio previsto alle ore 21:00 circa a Zuni nei pressi dell’imbocco di Vico II° Zona.

La domenica della festa del santo protettore, nel mese di maggio, gli abitanti delle tre frazioni di Calvi Risorta e dei paesi limitrofi accorrevano numerosi ed entusiasti nel borgo per assistere a questo evento straordinario.

Il lancio dell’aerostato

In Piazza Umberto I, gremita fino all’inverosimile, il pubblico, in trepidante attesa, seguiva le concitate fasi preliminari durante le quali, con gli aiutanti intenti a sostenerlo in aria, di cui uno arrampicato sul treppiedi ed altri tutt’intorno, il “maestro” bruciava la paglia in modo controllato per riempirlo di aria calda.

Terminato il gonfiaggio, collocava al centro del foro in una sorta di cestello di ferro intrecciato un grosso batuffolo di cotone imbevuto di alcol e gli dava fuoco.

Nel momento in cui il pallone si staccava da terra, gli spettatori salutavano la sua ascesa verso il cielo con un fragoroso e lungo applauso liberatorio.

A seguire, tutti con lo sguardo all’insù ammiravano la luminosa e variopinta figura che si allontanava nell’oscurità sospinta dal vento.

L’evento riscuoteva un notevole successo, tanto da essere replicato anche alla festa di San Casto.

Clamoroso fu l’episodio del 1953 allorché il pallone, dopo essersi alzato in volo, si allontanò rapidamente da Calvi Vecchia, prendendo quota e dirigendosi verso ovest.

Ma dopo una decina di minuti ricomparve sulla verticale di Zuni e, seguendo il crinale dei rilievi montuosi che circondano a semicerchio il territorio caleno, avendo esaurito il combustibile, cadde nello stesso luogo da cui era partito, davanti alla Cattedrale.

I numerosi spettatori presenti rimasero sbigottiti e meravigliati per la singolare coincidenza.

Le manifestazioni si svolsero senza intoppi per una dozzina di anni fino alla fine degli anni ’50 nella Piazza di Zuni e nell’area antistante la Cattedrale.

Al termine di ciascun evento, i “mast e festa” solitamente regalavano, in segno di riconoscenza, alla famiglia Pomaro della pasta sfusa prodotta in loco a Calvi Vecchia.

Da quei tempi sembra trascorsa un’eternità ma questa luminosa tradizione va ricordata con molta nostalgia perché nell’aerostato c’erano i desideri dei nostri antenati a spasso tra le stelle.

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