L’assalto dei briganti alla GN di Riardo

L’assalto dei briganti alla GN di Riardo

L’arrivo alle 22:00 del 9 aprile 1861 a Calvi dell’esercito preunitario stravolse il piano dei briganti.

I rinforzi inviati dalla Piazza di Capua al barone Girolamo Zona, capo della Guardia Nazionale calena, fecero tirare un sospiro di sollievo agli abitanti di Zuni.

I 120 uomini del 6° Reggimento Fanteria comandati dal capitano Lamberti presero possesso del territorio di Calvi.

Nella notte, visti alle strette, i rivoluzionari decisero di assaltare il vicino posto di guardia di Riardo e saccheggiare la famiglia del Sindaco e del Capitano.

Alle 23:00, i briganti, capeggiati dal zunese Nicola Santillo, si misero in viaggio.

Dopo aver aggirato Monte Grande a Visciano, arrivarono nella zona di Riardo.

Giunti ai piedi del monte, alcuni componenti della banda si fermarono nella masseria dei signori De Ponte.

Qui trovarono ad attenderli Alessandro di Nuzzo.

Quest’ultimo inviò suo figlio a chiamare il cognato Giuseppe Borrelli, altro massaro che abitava a poca distanza.

Il Borrelli si presentò armato di tutto punto ed entrambi si associarono alla banda nell’aia del suddetto Di Nuzzo.

Nel frattempo erano arrivati alla masseria altri 27 o 28 componenti la citata combriccola.

I gruppi più numerosi di cospiratori che tentarono l’impresa sovversiva erano costituiti da militanti petrulesi e riardesi.

Dopo aver dato da mangiare e bere a quattro persone, tutti insieme avanzarono minacciosi verso Riardo.

Gli ultimi preparativi

Giunti fuori dall’abitato, si fermarono vicino al “pozzo di Teano”, dove vi erano i lavatoi.

Dopo un po’, i 35 facinorosi, divisi in due colonne, si rimisero in marcia.

La sede della Guardia Nazionale di Riardo si trovava adiacente alla farmacia di Angelo Vespasiano, in prossimità della piazza antistante alla Chiesa Madre di Riardo.” (1)

Durante il processo, Don Michele Zeppetella dichiarò che il suo palazzo si trovava a pochi passi dalla sede della G.N.

Inoltre, alcuni membri della stessa impegnati in operazioni di pattugliamento per il paese e sentiti come testimoni nel procedimento penale che seguì ai fatti del 1861, asserirono “che dal sopportico che sta accanto al palazzo Zeppetella dove si erano fermati per non essere offesi dalle armi dei ribelli, udivano indistintamente le voci degli assalitori.” (1)

Comunque, nelle prime ore del 10 aprile 1861, Giovanni Borrelli, di anni 39, rimase di sentinella fuori la porta.

All’interno dell’edificio, si trovavano in servizio il sergente Rocco Piscitelli con Pietro Di Nuccio e Luigi Palumbo.

Altri militi erano impegnati quella notte in operazioni di pattugliamento e sorveglianza del paese:
il caporale Giovanni Della Torre e le guardie Sebastiano Migliore, Pasquale Rosiello, Giovannantonio e Pasquale Zeppetella.

Tra le tre e le quattro, il sorvegliante Giovanni Borrelli udì dei passi felpati avvicinarsi alla sede della guarnigione.

Dalla parte inferiore, cioè a destra, notò sette o otto individui fermarsi ad una distanza di una ventina di passi.

Contestualmente, vide lo stesso numero di persone nella strada opposta.

A quel punto, la sentinella, con voce decisa, esclamò: “Alt, chi è là?

I briganti risposero: “Amici“.

Tuttavia, la parola d’ordine concordata con gli altri componenti della G.N. in operazione di pattugliamento non era quella.

Secondo alcuni, essa corrispondeva al nome di un santo.

L’assalto al posto di guardia

Il Borrelli esortò il sergente Rocco Piscitelli a uscire fuori e nel contempo ripeté di nuovo: “Alt, chi è là?

Questa volta ricevette da qualcuno un insulto che fu letteralmente del tenore: “Il caxxo che ti fotte“. (1)

Altri, invece, gridavano: “Sergente di guardia, avanti!

Avendo constatato la presenza in loco dei delinquenti, i componenti della Guardia Nazionale si asserragliarono all’interno della sede sbarrando l’ingresso.

Dall’esterno, i briganti cercavano in ogni modo di entrare e gridavano:
In nome di Francesco II, aprite!

Il primo a sparare fu Francesco Izzo di Petrulo, seguito dal riardese Alessandro Santagata.

Nel frattempo, il capobanda don Nicola Santillo minacciava con la sua ascia di scassinare la porta del corpo di guardia (2).

Intanto, Rocco Piscitelli era salito al piano superiore per scorgere dalla finestra gli aggressori.

Ma in quel preciso momento i masnadieri esplosero al suo indirizzo un colpo di moschetto.

Per puro caso, rimase illeso perché il colpo sfondò l’anta e finì la sua corsa contro una parete della stanza.

Un frammento della finestra colpì al petto il sergente, senza procurargli alcun danno.

Senza esitazione, i militi della Guardia Nazionale di Riardo risposero al fuoco degli assalitori.

Gli spari proseguirono per più di un quarto d’ora e non si registrarono fortunatamente morti o feriti tra i contendenti.

Durante la sparatoria, si distinse chiaramente la voce del famigerato Alessandro Santagata che incitava i suoi al grido:
Allegri, compagni, attorno, caricate, sparate!

Il fallimento della spedizione

Gli altri componenti della G.N., usciti in pattuglia per il paese, avevano lasciato la loro sede mezz’ora prima del misfatto.

Quando udirono gli spari e il frastuono, si trovavano nella parte più alta di Riardo.

Subito si precipitarono verso il loro posto di guardia.

Però, si dovettero fermare sotto il sopportico adiacente casa Zeppetella perché sarebbe stato troppo pericoloso andare avanti.

I civili riardesi si schierarono dalla parte dei difensori dell’ordine precostituito, sparando addosso agli assalitori.

Così, l’assalto dei briganti alla GN di Riardo fallì miseramente.

I filo-borbonici videro svanire il loro tentativo di disarmare i militi e d’impadronirsi dei venti fucili custoditi a Riardo.

Sgomenti e sconcertati, si diedero ad una disordinata fuga.

Il capobanda Nicola Santillo trovò riparo a Montanaro nel tenimento del barone di Francolise.

Altri, invece, fuggirono a Taverna Zarone e da lì passarono a Caianello, rifugiandosi nelle vicine masserie.

I restanti si dileguarono sulle montagne circostanti.

Nello stesso giorno dell’assalto, più di dieci briganti furono subito arrestati.

Con il passar del tempo, il barone Girolamo Zona pose in essere tutte le misure possibili per assicurare alla giustizia i rivoltosi.

Bibliografia:

1) Antonio Pepe, Riardo, Dio te ne guardi!, RDS Grafica Editore 2017
2) ASC, Comando della Guardia Nazionale di Calvi, 11 maggio 1861

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