I P. Passionisti e le biblioteche napoletane

I P. Passionisti e le biblioteche napoletane

Napoli, durante il secondo conflitto mondiale, fu la città italiana che subì il maggior numero di bombardamenti dagli anglo-americani a causa del suo strategico ruolo nel Mediterraneo.

La terrificante esplosione del 28 marzo 1943 della motonave “Caterina Costa”, ancorata nel porto e carica di munizioni, che rovesciò sulla città una pioggia di schegge anche a chilometri di distanza, e il rischio di altri e più devastanti attacchi aerei costrinsero le autorità locali ad adottare nuove misure per mettere in salvo tutto il materiale librario partenopeo secondo una logica di sparpagliamento sul territorio.

Per questo motivo, i libri e i manoscritti della Biblioteca Nazionale, in particolare della Lucchesi Palli, della Biblioteca dei Girolamini e della collezione privata di Benedetto Croce furono spediti, tra il 10 maggio e l’8 luglio 1943, per mezzo di 871 involucri di legno alla Scuola Apostolica di Calvi Risorta per essere affidati alla vigile custodia dei Padri Passionisti.

Intanto, con l’insurrezione popolare delle “Quattro giornate”, si concluse l’occupazione nazista di Napoli.

Il 1° ottobre giunsero nella città partenopea gli anglo-americani.

Conseguentemente, il Dipartimento della Guerra statunitense, nell’ambito del programma per Monumenti, Belle Arti e Archivi (MFAA), inviò a Napoli il maggiore americano Paul Gardner, già direttore del Museo di Kansas City nel Michigan, con il compito di coordinare e di sovraintendere al recupero e alla conservazione del patrimonio storico-artistico.

Immediatamente, iniziarono i lavori per riparare i locali delle varie biblioteche napoletane.

Il ricovero di Calvi Risorta

Nello stesso mese di ottobre del 1943, nulla trapelava dal ricovero di Calvi Risorta, dove infuriava ancora la battaglia e il superiore dei PP. Passionisti di Napoli possedeva poche e scarne notizie a riguardo.

Aveva motivo di ritenere che il convento non fosse stato né incendiato né danneggiato.

Sapeva però che i tedeschi l’avevano occupato e non poté dunque dir nulla su quanto fosse avvenuto al suo interno.

Nella prima decade di novembre, cominciarono a filtrare, seppure in modo contraddittorio; le prime informazioni sul ritiro di Calvi.

Alcuni asserirono che era stato distrutto il Seminario ed altri che le casse di libri depositate a Calvi erano intatte, salvo una sfondata con un calcio.

Il 18 novembre si recò nella Biblioteca Nazionale padre Basilio Cipolloni, direttore della Scuola Apostolica calena.

Riferì che gli involucri depositati non avevano subito danni dalle bombe e dai cannoneggiamenti, ma risultavano sensibilmente esposti ai danni provocati dalla pioggia per le pessime condizioni del tetto.

Gli stessi, inoltre, non potevano essere trasferiti tutti nel corridoio perché la struttura ospitava 30 soldati inglesi con le loro cucine.

I presenti all’incontro esposero al maggiore Gardner la situazione e chiesero provvedimenti tesi al restauro dei locali e allo sgombero delle truppe, tanto più che le dimensioni dell’edificio si erano ridotte a causa della distruzione di parte di esso.

Le casse danneggiate

Il maggiore Gardner aggiunse che sarebbe stato necessario ed opportuno interessare direttamente il generale Mark Wayne Clark, comandante della Quinta Armata alleata per esporgli lo stato dell’immobile di Calvi Risorta.

All’inizio di dicembre, le dolenti notizie delle casse danneggiate dalle truppe anglo-americane, indussero gli organi competenti a verificare le reali condizioni del sito caleno.

Ottenuti i relativi permessi e la disponibilità di un’autovettura, il 6 dicembre alle 8 partirono alla volta di Calvi Guerriera Guerrieri della Biblioteca Nazionale, il maggiore Paul Gardner e il sergente Mathes.

La situazione nel convento si presentava alquanto complessa.

Nella Cappella le casse, accatastate originariamente alla perfezione, si trovavano addossate al muro in disordine: parte le spostarono i monaci per timore della pioggia, parte i soldati alleati, asserirono gli stessi religiosi, che le utilizzarono come sedie e panche per un concerto nella suddetta Cappella.

Nell’altra sala, dove i militari non avevano accesso, le casse erano disseminate alla rinfusa causa spostamenti per ripararle dalla pioggia e su alcune i monaci avevano accatastato i loro oggetti per metterli al sicuro.

Nei corridoi gli involucri di legno fungevano da letti.

In altre stanze, le casse erano state trascinate dai soldati stessi e adibite a letti, ad appoggia bacile (cosa ancora più grave), e persino a sostegno di un improvvisato palcoscenico.

Due erano aperte: una abbandonata in mezzo ad una stanza; l’altra accanto alla branda di un soldato sulla quale erano appoggiati gli oggetti d’uso personale del soldato stesso.

Una serie di libri era stata recuperata dai Padri Passionisti e messi da parte.

Il parere favorevole allo spostamento

Il maggiore Gardner e il suo sergente presero numerosi appunti per redigere gli opportuni reclami.

Inoltre, l’ufficiale americano chiese ai religiosi di mettere subito al sicuro le casse aperte e s’intrattenne a lungo con il responsabile delle truppe che occupavano il convento.

Eppure, i monaci nutrivano un barlume di speranza.

Alcuni giorni prima, si era presentato nel cenobio un maggiore americano promettendo la collocazione di un deposito di medicinali e il conseguente sgombero dei soldati presenti al suo interno.

Il giorno successivo, il presidente del comitato degli istituti di alta cultura ed altre autorità espressero parere favorevole sull’opportunità del rientro a Napoli del materiale librario per le seguenti ragioni:

  • necessità di sottrarli alle truppe che si alternavano continuamente a Calvi;
  • spostarli dai pericoli della pioggia, viste le cattive condizioni dei locali in cui si custodivano;
  • toglierli da quella zona, vicina al fronte di guerra, dove, per di più, si prevedeva l’insediamento di un campo di aviazione (il che poi avvenne a Pignataro Maggiore).

Il 19 dicembre Guerriera Guerrieri effettuò un altro sopralluogo a Calvi, fortemente voluto anche dallo scrittore e politico Benedetto Croce.

Le casse, per ordine di un colonnello americano comandante del deposito medicinali presente nell’edificio, erano state rimosse dai corridoi e collocate sotto chiave nel Cappellone.

Anche quelle che servivano da base all’improvvisato palcoscenico furono portate in quell’ambiente.

La concessione degli automezzi

Purtroppo, tante altre risultavano aperte, manomesse e mal disposte, onde non fu neppure possibile la completa verifica del loro numero.

Tale riscontro diede un ulteriore impulso alle operazioni per il rientro delle casse, unitamente alla lettera di Benedetto Croce che esortava il generale Clark a concedere un paio di camion per riportare a Napoli e depositare i documenti di pregio nella Casa dei Padri dell’Oratorio;
e il Clark molto cortesemente acconsentì.

Il 4 gennaio 1944, iniziò il recupero del materiale bibliografico e il conseguente trasporto a Napoli.

A Calvi, zona in cui si udiva ancora il rombo del cannone, giunsero con difficoltà a causa delle strade rese impraticabili dal fango e dalle precedenti operazioni belliche due camion e una camionetta dell’ufficiale di scorta, il tenente Petroni.

Trovarono le casse ancora più disordinate rispetto all’ultima ispezione perché le forti piogge avevano costretto i monaci a spostarle.

Il convento era interamente occupato da truppe.

Gli operai caricarono con particolare attenzione le prime 139 casse, di cui alcune manomesse, su due camion, di cui uno con la sola motrice e l’altro con rimorchio.

Il giorno seguente, le pessime condizioni atmosferiche non consentirono alcuna operazione.

Per il prosieguo, le autorità militari ritennero non necessaria la presenza di un ufficiale di scorta, ma era sufficiente possedere le specifiche autorizzazioni per il passaggio sul Volturno.

Biblioteche napoletane

Il rientro di tutto il materiale

Il 6 gennaio, ricevuti i permessi di transito degli addetti, due camion, di cui uno con rimorchio, partirono da Napoli alle 10 per giungere a Calvi alle 12.

Gli operai caleni, in un primo momento, si rifiutarono di caricare gli involucri perché la paga era troppo esigua.

Convocato al convento il Maresciallo dei Carabiniere della locale stazione, si pattuì con tutte le parti in causa un compenso di sei lire per cassa.

Ne furono caricate 141.

L’ultimo camion giunse a destinazione dopo le cinque del pomeriggio.

Il lavoro di scarico, al contrario di quello di Calvi, fu fissato a cinque lire per cassa.

Il 7 gennaio ne furono trasportate 177, l’8 gennaio 174 e il 10 gennaio 173.

Con il carico dell’11 gennaio 1944 delle ultime 62 casse, terminò il recupero delle opere librarie.

Delle 871 casse depositate, ne furono riconsegnate 866.

Solamente 5 andarono perse.

Al termine delle operazioni di carico e scarico del materiale, il coordinatore stese il verbale e lo consegnò ai Carabinieri, al Municipio, alla Prefettura ed al senatore Benedetto Croce.

In tal modo, i P. Passionisti, nonostante il pesante bombardamento subito il 9 ottobre 1943 dalle truppe alleate, riuscirono con un lavoro encomiabile a custodire e preservare il patrimonio librario partenopeo salvandolo da sicura distruzione in un momento storico caratterizzato dalla disintegrazione della società e dall’assenza totale dello stato.

Bibliografia:
Guerriera Guerrieri, Vicende della Biblioteca Nazionale di Napoli, Napoli, 1980

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